Volgograd e la conquista dell’Eurasia: i Saud in vista della loro Stalingrado?
Gli eventi di Volgograd sono parte di una serie assai più grande di eventi e di una lotta multiforme che va avanti da decenni, nell’ambito di una guerra fredda dopo la guerra fredda, il dopoguerra fredda della Guerra Fredda, se vi piace, risultato di due guerre mondiali prevalentemente eurocentriche. Quando George Orwell scrisse il suo libro1984 e parlò di una guerra perpetua tra le entità fittizie di Oceania ed Eurasia, ebbe in mente un’idea generale degli eventi attuali che poté essere stato solo un pensiero sulla lotta tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti d’America circondati da due grandi oceani.
Così cosa ha a che fare Volgograd con la vertiginosa nozione presentata? In primo luogo, non è schizofrenico collegare gli eventi di Volgograd al conflitto nel Caucaso del Nord e agli scontri in Siria, o collegare la Siria a decenni di combattimenti nel Nord Caucaso post-sovietico. I combattimenti in Siria e Caucaso del Nord rientrano nella grande lotta per il dominio dell’Eurasia. I conflitti in Medio Oriente rientrano in tale grande narrazione, che a molti sembra essere così lontano dalla realtà quotidiana.
“Bandar Bush” si reca in Madre Russia
Per sostenere tale affermazione, dovremo iniziare con la visita ‘non-così-segreta’ a Mosca di un oscuro funzionario del regime saudita. Il principe Bandar bin Sultan bin Abdulaziz al-Saud, famigerato boss terrorista saudita ed ex-inviato dei Saud a Washington, divenuto guru dell’intelligence, che ultimamente ha visitato la Federazione russa ai primi di dicembre 2013. Bandar bin Sultan fu inviato da re Abdullah a sollecitare il governo russo ad abbandonare i siriani. L’obiettivo del principe Bandar era un accordo con il Cremlino per lasciare che Damasco venisse sconfitta dalle brigate sostenute dai sauditi che assediano le forze governative siriane nelle provincie e nelle frontiere della Siria fin dal 2011. Bandar ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin ed hanno avuto colloqui a porte chiuse su Siria e Iran nella residenza ufficiale di Putin, a Novo-Ogarjovo.
L’ultimo incontro che Bandar ebbe con Putin fu pochi mesi prima, nel luglio 2013. Tale riunione si tenne sempre in Russia. I colloqui di luglio tra il principe Bandar e il Presidente Putin coinvolsero anche il segretario Nikolaj Patrushev, capo del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa. Si potrebbe anche immaginare che la discussione sugli iraniani sia continuata in ogni visita, con Bandar che certamente cercava di inasprire i rapporti dei russi con gli alleati iraniani.
Dopo il primo incontro di Bandar con il presidente Putin, è stato ampiamente riportato che i Saud volevano comprarsi la Russia. Agence France-Presse e Reuters citarono diplomatici anonimi delle petro-monarchie arabe, i loro lacchè del 14 marzo libanese e i loro burattini dell’opposizione siriana, dire che l’Arabia Saudita s’era offerta di firmare un lucroso contratto sulle armi con Mosca e il Cremlino dando la garanzia che i petro-emirati arabi non avrebbero minacciato il mercato del gas russo in Europa o usato la Siria per un gasdotto verso l’Europa.
La Russia sapeva meglio come trattare con i Saud. Fu offerto un lucroso accordo sulle armi dal regime saudita molto prima, nel 2008, per sigillare certi compromessi a spese dell’Iran. Dopo che i compromessi furono accettati da Mosca, i Saud congelarono l’accordo. Se la fuga mediatica di AFP e Reuters non era tattica o menzogna, in primo luogo l’obiettivo era creare tensioni tra i governi siriano e russo. Le tangenti presumibilmente spropositate per tradire la Siria erano fiato sprecato per le orecchie dei funzionari russi.
I Saud e il club non democratico delle petro-monarchie arabe che formano il Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), hanno sempre parlato di montagne di soldi. Le azioni di tali pretesi signori della Penisola Arabia non hanno quasi mai accompagnato le loro parole e promesse. Chi li conosce, i Saud e compagnia sono noti soliti fare grandi promesse che non potranno mai mantenere, soprattutto quando si tratta di soldi. Anche quando il denaro viene consegnato, non si tratta mai dell’intero importo promesso e molta parte viene derubata dai loro corrotti partner e compari. Se il contratto mai concluso sulle armi con la Russia del 2008 fu agevolato con il coinvolgimento dell’ex agente iracheno della CIA Iyad Allawi, o da sovrabbondanti promesse di un aiuto finanziario e logistico ai popoli libanese e palestinese, mai materializzatosi, i petro-sceiccati arabi non fecero altro che parlare grandiosamente per farsi propaganda con articoli sulla loro generosità e splendore. Sotto tale grandezza e scintillio c’è sempre stato fallimento, insicurezza e vuoto.
Una settimana dopo il primo incontro con Bandar, il Cremlino rispose al ronzio mediatico sul tentativo di corruzione da parte dell’Arabia Saudita. Jurij Ushakov, uno dei principali aiutanti di Putin ed ex-ambasciatore russo negli Stati Uniti, respinse categoricamente l’idea che un qualsiasi accordo sia stato accettato o anche considerato dal Cremlino. Ushakov confessava che la cooperazione bilaterale non fu nemmeno discussa tra i sauditi e la Russia. Secondo il funzionario del Cremlino, i colloqui tra Bandar e Putin furono semplicemente sulla politica di Mosca e Riyadh verso la Siria e la seconda conferenza internazionale di pace in Siria, programmata a Ginevra, Svizzera.
Altre fughe: combattere il fuoco con il fuoco?
Se il suo obiettivo era spingere i russi ad abbandonare la Siria, il principe Bandar ha sempre lasciato la Russia a mani vuote. Tuttavia, la sua visita creò una scia di articoli inverosimili e speculazioni. La discrezione è sempre necessaria quando si analizzano tali resoconti, elementi della guerra mediatica sulla Siria combattuta dai media di tutti i lati. La storia inventata dei sauditi che cercano di comprarsi i russi non era il solo resoconto di ciò che avvenne nei colloqui russo-sauditi. Ci fu anche una presunta fuga diplomatica, molto probabilmente una risposta alla storia sulla proposta di Bandar. Tale fuga riprendeva la riunione tra Bandar e Putin. Delle minacce furono fatte, secondo tale fuga pubblicata sul quotidiano libanese al-Safir del 21 agosto 2013.
Secondo il quotidiano libanese, non solo il principe Bandar disse ai russi durante la loro prima riunione di luglio, che i regimi del GCC non avrebbero minacciato il monopolio del gas russo in Europa, ma promise ai russi che avrebbero potuto mantenere la loro base navale sulle coste della Siria e che i Saud avrebbero garantito la protezione, dalle milizie dei separatisti ceceni controllate dai sauditi, delle Olimpiadi Invernali del 2014 che si terranno nella città turistica nord caucasica di Sochi, sulla costa orientale del Mar Nero. Se Mosca collaborava con Riyadh e Washington contro Damasco, la fuga rivelava che Bandar avrebbe anche dichiarato che gli stessi militanti ceceni che combattono in Siria per rovesciare il governo siriano, non avrebbero avuto alcun ruolo nel futuro politico della Siria.
Quando i russi si rifiutarono di tradire i loro alleati siriani, il principe Bandar minacciò la Russia di cancellare la seconda conferenza di pace prevista a Ginevra, scatenando l’opzione militare contro i siriani, affermava la fuga.
Tale fuga, una velata minaccia saudita sui previsti attacchi alle Olimpiadi invernali di Sochi, suscitò una frenesia di speculazioni internazionali alla fine dell’agosto 2013, durante le gravi tensioni derivanti dalle minacce statunitensi di attaccare la Siria e le minacce dell’Iran d’intervenire al fianco degli alleati siriani contro gli Stati Uniti. Provenienti dalla cerchia mediatica della medesima affiliazione politica in Libano, degli articoli riferirono sui preparativi militari russi per attaccare l’Arabia Saudita, in risposta alla guerra contro la Siria, che furono fatti circolare dal giornale al-Ahid, alimentando ulteriormente le speculazioni.
Il “reindirizzamento” neo-con suscitato dai Saud
Seymour Hersh scrisse nel 2007, dopo la sconfitta d’Israele in Libano nel 2006, che il governo degli Stati Uniti aveva una nuova strategia chiamata “reindirizzamento”. Secondo Hersh, il “reindirizzamento avvicinava gli Stati Uniti al confronto aperto con l’Iran proiettando, in alcune parti della regione, un crescente conflitto settario tra sciiti e sunniti“. Con la collaborazione di Arabia Saudita e tutti gli stessi elementi che contribuirono a lanciare la carriera di Usama bin Ladin in Afghanistan, il governo statunitense “partecipò ad azioni clandestine contro l’Iran e la sua alleata Siria“. La cosa più importante da notare è ciò che poi dice Hersh: “Un sottoprodotto di tali attività fu il rafforzamento dell’azione dei gruppi estremisti sunniti che adottano la visione militante dell’Islam e sono ostili agli USA e vicini ad al-Qaida.”
Iniziò il nuovo “reindirizzamento” dei Saud. Se c’è qualcosa che i Saud sanno fare bene, è usare i fanatici quali strumenti al servizio dei patrocinatori dell’Arabia Saudita di Washington. Lo fecero in Afghanistan, Bosnia, Caucaso settentrionale in Russia, Libia, e lo fanno in Libano e Siria. Non ci vuole il quotidiano inglese The Independent, che pubblica un articolo intitolato “Le stragi in Medio Oriente sono finanziate dai nostri amici sauditi,” per rendersene conto.
Gli attentati terroristici in Libano segnano una nuova fase del conflitto in Siria, mirando a costringere Hezbollah a ritirarsi dalla Siria e combattere una guerra civile interna. Gli attacchi sono parte del “reindirizzamento”. I Saud hanno accentuato questa nuova fase grazie ai legami con gli attacchi terroristici all’ambasciata iraniana a Beirut del 19 novembre 2013. Gli attacchi furono effettuati da persone legate al famigerato Ahmad al-Asir, che condusse una battaglia sconsiderata contro l’esercito libanese nella città libanese di Sidone, nel tentativo d’innescare una guerra civile settaria in Libano.
L’ascesa di al-Assir, invece, fu politicamente e logisticamente supportata dai Saud e dal loro spudorato cliente Hariri, in Libano. Anche ciò fa parte del “reindirizzamento” che ha portato Fatah al-Islam in Libano. Questo è il motivo per cui non sorprende vedere la bandiera del partito Futuro di Hariri sventolare accanto alle bandiere di al-Qaida in Libano. Dopo il fallito tentativo di al-Asir di scatenare una guerra civile settaria libanese, si nascose, e venne affermato che fosse stato accolto in una delle ambasciate del GCC.
Riguardo il ruolo dei Saud negli attentati in Libano, Hezbollah potrebbe confermare che l’attacco all’ambasciata iraniana a Beirut era dovuta ai Saud. La leadership di Hezbollah avrebbe riferito che la brigata Abdullah Izam, affiliata ad al-Qaida e collegata agli attentati, è direttamente legata ai servizi segreti dell’Arabia Saudita.
Inoltre, l’agente saudita Majid al-Majid, responsabile dell’attentato, sarebbe stato arrestato dalle forze di sicurezza libanesi a fine dicembre 2013. Era entrato in Libano dopo aver collaborato con al-Nusra in Siria. Fars News Agency, media iraniano, avrebbe riferito il 2 gennaio 2014 che fonti anonime libanesi hanno confermato di aver scoperto che l’attacco era dovuto al principe Bandar.
La rabbia dei Saud scatenata?
Molto è cambiato tra la prima e la seconda riunione tra il principe Bandar e Vladimir Putin, avutesi rispettivamente nel luglio 2013 e dicembre 2013. I Saud aspettavano che i loro patroni degli Stati Uniti impegnassero il Pentagono nei bombardamenti convenzionali sulla Siria a settembre. Assai probabilmente Riyadh non sapeva delle trattative segrete che Stati Uniti e Iran avevano tramite l’Oman, durante ciò che sembrava essere un’escalation verso la guerra aperta.
La minaccia di Bandar di rivalutare i legami dei Saud con Washington è probabilmente il risultato diretto del fatto che il governo degli Stati Uniti non avvertì i Saud di voler usare la Siria per negoziare con il governo iraniano. Funzionari degli Stati Uniti possono aver istigato i Saud ad intensificare la loro offensiva contro la Siria, per spingere gli iraniani a un accordo per evitare l’attacco alla Siria e la guerra regionale. Inoltre, non solo la situazione mutava tra Stati Uniti e l’Iran, ma la Russia avrebbe poi firmato un grande contratto sul gas naturale siriano nel Mar Mediterraneo. I Saud furono danneggiati pesantemente in vari modi e iniziarono a rivalutare la propria disponibilità.
Se si scava abbastanza in profondità, si troveranno gli stessi collegamenti tra chi ha attaccato l’ambasciata iraniana a Beirut e chi ha attaccato l’ambasciata russa a Damasco. Gli attentati terroristici furono dei regali a Iran e Russia, che li usarono per rappresaglia nel proteggere la Siria dal cambiamento di regime e dalla guerra distruttiva. Si deve, tuttavia, saper notare se i Saud si sono realmente scagliati contro l’Iran e la Russia, o se furono manipolati per promuovere gli obiettivi di Washington nei negoziati con Teheran, Mosca e Damasco.
Allo stesso modo, i Saud volevano premiare generosamente Hezbollah anche per il suo ruolo nel proteggere Siria, paralizzando Hezbollah in Libano. Riyadh non può desiderare una grande guerra in Libano, come gli israeliani, ma vuole neutralizzare ed eliminare Hezbollah dal Libano. A tale proposito, l’Arabia Saudita trama seriamente per reclutare il presidente libanese Michel Suleiman e l’esercito libanese contro Hezbollah e i suoi sostenitori.
La concessione dai Saud di tre miliardi di dollari alle forze armate libanesi, non è solo il prezzo del sangue dato al Libano per esonerare l’Arabia Saudita dal suo ruolo negli attentati terroristici che attanagliano la Repubblica libanese dal 2013, il denaro saudita è anche volto alla desiderata ristrutturazione militare libanese, da usare per neutralizzare Hezbollah. In linea con gli sforzi dei Saud, vi sono gli impegni degli Emirati Arabi Uniti e le relazioni secondo cui i Paesi della NATO pensano di donare denaro e armi all’esercito libanese.
Oltre agli attentati terroristici in Libano e l’attacco all’ambasciata russa a Damasco, anche la Russia è stata attaccata. L’intenso conflitto siriano ha fatto debordare le tensioni nel Nord del Caucaso russo scatenando attentati terroristici. Religiosi musulmani russi, noti per le loro opinioni sulla coesistenza tra le comunità cristiane e musulmane della Russia e una visione anti-separatista, sono stati assassinati. Gli attentati a Volgograd sono solo i casi più recenti dell’espansione sul Volga di ciò che accade nel Caucaso del Nord, ma avvengono in modo inquietante in previsione delle Olimpiadi Invernali che il principe Bandar avrebbe detto di “proteggere” se Mosca tradiva la Siria.
I Saud possono resistere da soli?
È opinione diffusa negli Stati Uniti e Israele che, tirando le fila, si possono vedere gli affari dei Saud. Tale punto di vista è stato alquanto messo in discussione, ora. Il principe Muhammad bin Nawaf bin Abdulaziz al-Saud, ambasciatore dell’Arabia Saudita nel Regno Unito, ha minacciato che l’Arabia Saudita resterà da sola contro la Siria e l’Iran, in un articolo del dicembre 2013. La lettera, come il rifiuto saudita del seggio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, esprime la rabbia dei Saud contro i realisti che dirigono la politica estera degli Stati Uniti.
In tale contesto, si segnalano inoltre coloro che pensano che l’Arabia Saudita non abbia libertà d’azione, che i leader israeliani sottolineano da anni che Tel Aviv deve collaborare segretamente con l’Arabia Saudita manipolando gli Stati Uniti contro l’Iran. Ciò è esemplificato dalle parole del Brigadier-Generale israeliano Oded Tira: “Dobbiamo collaborare clandestinamente con l’Arabia Saudita, in modo da convincere gli Stati Uniti a colpire l’Iran.”
Lungo linee simili, alcuni possono precisare che insieme Saud e Israele hanno aiutato la Francia a ritardare l’accordo nucleare interinale tra gli iraniani e il P5+1 di Ginevra. I Saud hanno premiato Parigi con affari lucrosi, facendo in modo di permettere che le forze armate libanesi comprino materiale militare francese. Saad Hariri, il principale cliente saudita in Libano, ha anche incontrato Francois Hollande e funzionari francesi in Arabia Saudita, durante la transazione. Placando Saud e Israele, il presidente francese Hollande ha replicato l’ostruzionismo della Francia all’accordo nucleare interinale dei P5+1 con l’Iran, cercando di rovinare la seconda conferenza di pace in Siria a Ginevra, dicendo che non ci può essere alcuna soluzione politica in Siria se il Presidente Bashar al-Assad rimarrà al potere.
Anche in tale caso però ci si deve chiedere chi fa infuriare l’Arabia Saudita nell’ambito della strategia degli Stati Uniti per spingere i sauditi ad esercitare la massima pressione su Teheran, Mosca e Damasco, in modo che gli Stati Uniti possano ottimizzare i propri vantaggi nei negoziati? Dopo tutto, risultava che gli Stati Uniti fossero in combutta con la Francia a Ginevra e che utilizzarono l’ostruzionismo francese all’accordo con l’Iran per porre ulteriori richieste agli iraniani durante i negoziati. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha rivelato che il team negoziale degli Stati Uniti aveva effettivamente fatto circolare una bozza di accordo modificata, in risposta alle richieste della Francia, prima che l’Iran e le altre potenze mondiali avessero anche la possibilità di studiarla. Il piano del team statunitense fu fatto circolare, secondo il ministro degli Esteri Lavrov, “letteralmente all’ultimo momento, quando eravamo in procinto di lasciare Ginevra.”
Invece di discutere sul grado d’indipendenza dei Saud, è importante chiedersi se l’Arabia Saudita può agire da sola e in che misura i Saud possono agire indipendentemente. Ciò appare una domanda molto facile a cui rispondere. E’ assai improbabile che l’Arabia Saudita possa agire da sola nella maggior parte dei casi, o anche rimanere uno Stato intatto. Questo è il motivo per cui gli strateghi israeliani affermano molto chiaramente che l’Arabia Saudita è destinata a cadere a pezzi. “L’intera penisola arabica è un candidato naturale alla disintegrazione per pressioni interne ed esterne, e la questione è inevitabile soprattutto per l’Arabia Saudita“, riteneva il Piano Yinon degli israeliani. Gli strateghi di Washington ne sono consapevoli e questo è anche il motivo per cui hanno replicato i modelli di un’Arabia Saudita frammentata. Ciò suscita un’altra domanda importante: se gli Stati Uniti valutano che il regno dell’Arabia Saudita non sia un’entità sostenibile, intende utilizzarlo fino a quando brucia come una fiamma? È questo ciò che accade, e l’Arabia Saudita sarà sacrificata o sarà il capro espiatorio dagli Stati Uniti?
Chi si nasconde dietro i Saud?
Guardando al Libano, il messaggio dei media internazionali con i loro titoli è che gli attentati in Libano evidenziano o riflettono una lotta di potere tra i Saud e Teheran in Libano e nel resto della regione. Senza dire nulla dei ruoli principali di Stati Uniti, Israele e alleati europei, questi articoli ingannevoli di giornalisti come Anne Barnard, casualmente danno la colpa di tutto ciò che accade in Siria e Libano alla rivalità tra Arabia Saudita e Iran, cancellando tutta la storia di ciò che è successo, casualmente nascondendo gli interessi dietro al conflitto. Ciò è disonesto e dipinge una contorta narrazione orientalista.
I media che provano a descrivere tutti i problemi del Medio Oriente come gravitanti attorno a una sorta di rivalità iraniana e saudita, potrebbero anche scrivere che “i sauditi e gli iraniani sono la causa dell’occupazione israeliana della Palestina, dell’invasione anglo-statunitense dell’Iraq che ha paralizzato il Paese arabo più avanzato, del blocco dei farmaci a Gaza, della no-fly zone sulla Libia, degli assassinii con droni nello Yemen e dei miliardi di dollari scomparsi del Tesoro iracheno nel 2003, dopo che Washington e Londra invasero il Paese impossessandosi delle sue finanze.” Tali articoli tacitamente ripuliscono dal sangue le mani di Washington, Tel Aviv, Parigi e Londra cercando di inventarsi delle false storie che incolpino di tutto la rivalità regionale tra Teheran e Riyadh o premettendo che sunniti e sciiti si combattono una guerra eterna cui sono biologicamente programmati.
Arabi e iraniani, sciiti e sunniti, vengono tacitamente dipinti come creature non-umane incomprensibili e selvagge. The New York Times insinua disonestamente anche che sunniti e sciiti in Libano si uccidono nei reciproci attentati. Ciò implica subdolamente che Hezbollah e i suoi rivali libanesi si assassinino. Bernard, nel suo articolo sul Libano già menzionato, insieme ad un altro collega scrive: “Ciò che si vedono sono attentati reciproci con autobombe contro i quartieri di Hezbollah nei sobborghi meridionali di Beirut e contro le moschee sunnite nella città settentrionale di Tripoli. Venerdì scorso, una potente autobomba ha ucciso Mohamad B. Shatah, ex-ministro delle finanze libanese, una figura importante nel blocco Futuro, il principale gruppo politico sunnita rivale di Hezbollah.”
Il New York Times cerca astutamente di fare credere ai suoi lettori che Hezbollah sia responsabile dell’attentato nell’ambito di un conflitto settario sciita-sunnita, concludendo spiegando che l’ex ministro delle Finanze libanese ucciso apparteneva al “principale rivale sunnita di Hezbollah,” dopo aver detto che i bombardamenti in Libano “appaiono attentati reciproci” tra le aree che sostengono Hezbollah e “le moschee sunnite” di Tripoli.
Stati Uniti e Israele vogliono un conflitto settario sciita-sunnita in Libano e nel resto del Medio Oriente. Lavorano a ciò. Ed è qui che manipolano l’Arabia Saudita per istigare il settarismo. Stati Uniti e Israele istigano i Saud, che non rappresentano i sunniti, figurarsi il popolo dell’Arabia Saudita sottoposto alla sua occupazione, contro l’Iran, cercando sempre di nascondere e giustificare il conflitto istigato da certuni come una sorta di rivalità “naturale” tra sciiti e sunniti in tutto il Medio Oriente.
Fu valutato con elevata sicurezza da esterni interessati ai rapporti interni dei Saud, che il principe Bandar sia uno dei tre principi al-Saud a guidare la sicurezza e la politica estera dell’Arabia Saudita; gli altri due sono il principe Abdulaziz bin Abdullah bin Abdulaziz al-Saud, viceministro degli Esteri saudita e uomo di punta del re Abdullah sulla Siria, per via dei suoi legami materni con la Siria, e il principe Muhammad bin Nayaf bin Abdulaziz al-Saud, ministro degli Interni. Tutti e tre sono legati agli Stati Uniti più dei loro predecessori. Il principe Bandar stesso ha una lunga storia di stretta collaborazione con gli Stati Uniti, il che spiega l’appellativo affettuoso di “Bandar Bush”, ampiamente citato. Ma “Chemical Bandar” può essergli aggiunto, per via degli articoli sui suoi legami con gli attacchi chimici a Ghuta in Siria.
Come cliente degli Stati Uniti, l’Arabia Saudita è una fonte di instabilità perché condizionata da Washington. La lotta al terrorismo e alla minaccia estremista viene ora utilizzata dagli Stati Uniti per convergere con l’Iran, che casualmente è a capo del Movimento mondiale contro la violenza e l’estremismo (WAVE) presso le Nazioni Unite. In realtà, causa dei problemi e dell’instabilità regionali è Washington stessa. Con un colpo da maestro, i realisti ora al timone della politica estera, sostengono il riavvicinamento iraniano-statunitense sulla base di ciò che disse Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, secondo cui Teheran e Washington devono collaborare per assicurare “l’ambiente regionale volatile” dell’Iran. “L’eventuale riconciliazione (tra Stati Uniti e i governi iraniani) dovrebbe basarsi sul riconoscimento di un interesse strategico comune nel stabilizzare ciò che attualmente è un ambiente regionale molto volatile per l’Iran“, spiega. Il punto non va trascurato, anche se Brzezinski ha collaborato con i sauditi per usare i mujahidin afghani contro i sovietici, dopo aver organizzato l’operazione d’intelligence per spingere i sovietici ad intervenire in Afghanistan, in primo luogo.
I Saud non agirono da soli in Afghanistan durante la Guerra Fredda. Furono rigorosamente sostenuti da Washington. Gli Stati Uniti ne furono ancora più coinvolti. Lo stesso in Siria. Se la fuga diplomatica sull’incontro tra Bandar e Putin è credibile, va notato che “Bandar Bush” ha detto a Putin che qualsiasi “comprensione saudita-russa” farebbe anche parte di una “comprensione americano-russa.”
Il “reindirizzamento” vede la sua Stalingrado?
Volgograd si chiamava Stalingrado durante una parte dell’era sovietica, in onore del figlio più famoso della Repubblica di Georgia e leader sovietico Josif Stalin. A Volgograd, allora chiamata Stalingrado, i tedeschi furono fermati e il corso della guerra in Europa si volse contro Hitler e i suoi alleati dell’Asse in Europa. La battaglia di Stalingrado fu laddove i nazisti furono sconfitti e fu in Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est che si svolse la maggior parte dei combattimenti contro i tedeschi. Né v’è alcuna esagerazione ad accreditare a russi, kazaki, uzbeki, tagiki, tartari, georgiani, armeni, ucraini, bielorussi, ceceni sovietici, di aver svolto la maggior parte dei combattimenti per sconfiggere i tedeschi nella seconda guerra mondiale.
A giudicare dal bellicoso discorso di fine 2013 del presidente russo Vladimir Putin, gli attentati terroristici a Volgograd avvieranno un’altra battaglia di Stalingrado di altro tipo, iniziando un’altra “guerra al terrore” russa. Molti dei terroristi che la Russia dovrà affrontare sono in Siria e sono sostenuti dai Saud.
Gli oppositori del Blocco della Resistenza che l’Iran, la Siria, Hezbollah ed i gruppi della resistenza palestinese formano, hanno definito i campi di battaglia in Siria la Stalingrado dell’Iran e dei suoi alleati regionali. La Siria è stata una Stalingrado di un certo tipo, ma non per il Blocco della Resistenza. L’alleanza formata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Israele rivela i suoi sforzi per far attuare il cambio di regime in Siria. Gli ultimi anni hanno segnato l’inizio della sconfitta umiliante dei finanziatori di estremismo, separatismo e terrorismo contro Paesi come Russia, Cina, Iran e Siria, per impedirne la coesione eurasiatica. Un altro fronte di questa stessa battaglia viene combattuta politicamente dagli Stati Uniti e dall’Unione europea in Ucraina, impedendo agli ucraini l’integrazione con Bielorussia, Russia e Kazakhstan.
Volgograd e la conquista dell’Eurasia
Mentre speculazioni sono frammiste ad avvisi in questo testo, la maggior parte di ciò che è stato spiegato non è speculazione. I Saud hanno un ruolo nel destabilizzare la Federazione Russa e nell’organizzare gli attentati terroristici in Russia. Supportando oppure opponendosi ai movimenti separatisti nel Caucaso del Nord, il punto è che vengono opportunisticamente aiutati e utilizzati dai Saud e da Washington. Nonostante l’autenticità del racconto delle minacce di Bandar alla Russia, Volgograd è la Siria e la Siria è Volgograd. Rientrano nell’ambito della stessa lotta. Gli Stati Uniti cercano d’invadere la Siria mirando alla Russia e ad entrare in profondità nel cuore dell’Eurasia.
Quando George Orwell scrisse 1984 vedeva il mondo diviso in diverse entità in guerra costante o “eterna”. I suoi fittizi superstati che usano la polizia della lingua per la sorveglianza totale e la manipolazione totale della comunicazione di massa per indottrinare e ingannare i popoli. In parole povere, l’Oceania di Orwell è formata da Stati Uniti e dai suoi territori formali e informali dell’emisfero occidentale, che la dottrina Monroe ha sostanzialmente dichiarato colonie statunitensi, confederati alla Gran Bretagna e alle colonie e domini dell’ex impero inglese (Australia, Canada, Irlanda, Nuova Zelanda e Sud Africa). Il concetto orwelliano di Eurasia è la fusione dell’Unione Sovietica con l’Europa continentale. L’entità di Estasia invece è formata attorno alla Cina. Il Sud-Est asiatico, l’India e le parti dell’Africa che non rientravano nell’influenza della Oceanica Sud Africa, erano territori contestati in cui si combatteva costantemente. Per quanto non espressamente menzionato, si può estrapolare che l’Asia del sud-ovest, dove si trova la Siria, o parti di essa, probabilmente fossero parte di tale fittizio territorio contestato, che comprendeva anche il Nord Africa.
Se cerchiamo di adattare i termini orwelliani al presente delle relazioni globali, possiamo dire che l’Oceania ha fatto le sue mosse contro l’Eurasia/Estasia per il controllo del territorio conteso (Medio Oriente e Nord Africa).
1984 non è solo un romanzo, è un avvertimento del lungimirante Orwell. Tuttavia, non immaginò che la sua Eurasia avrebbe fatto causa o incluso l’Estasia con una triplice alleanza incentrata su Russia, Cina e Iran. L’Eurasia concluderà, in un modo o nell’altro, ciò che l’Oceania ha iniziato. Per tutto questo tempo, mentre i Saud e gli altri governanti dei petro-emirati arabi continuano a competere tra loro in costruzioni fantastiche, la Spada di Damocle diventa sempre più pesante sopra le loro teste.
Articolo originariamente pubblicato da Global Research, il 3 gennaio 2014.
Traduzione di Alessandro Lattanzio.