Trump tra Guerra e Pace

Grandangolo – Pangea

Donald Trump, appena eletto presidente degli Stati Uniti con una maggioranza schiacciante rispetto a Kamala Harris, ha così enunciato le linee portanti della sua politica estera: “Voglio dire alla comunità mondiale che, mentre metteremo sempre al primo posto gli interessi dell’America, tratteremo in modo equo con ciascuno – tutti i popoli e tutte le altre nazioni. Cercheremo un terreno comune, non l’ostilità; la partnership, non il conflitto.” Poiché già nel precedente mandato Trump incontrò Putin, e per questo negli Stati Uniti fu sottoposto al primo tentativo di impeachment, c’è la possibilità che oggi, avendo la maggioranza nel Congresso, riapra un tavolo negoziale con Putin per mettere fine alla guerra Russia-Ucraina, ossia alla guerra che la NATO sotto comando USA conduce contro la Russia.

Che cosa dovrebbe fare l’Amministrazione Trump in Europa? 1) Fare in modo che venga immediatamente attuato un cessate-il-fuoco tra Nato/Ucraina e Russia. 2) Aprire un negoziato al vertice tra i Presidenti di Stati Uniti e Federazione Russa. 3) Fare in modo che venga demilitarizzato e denuclearizzato l’intero fronte europeo, ritirando le forze nucleari USA-NATO a raggio intermedio schierate in Europa a ridosso del territorio russo e le forze nucleari russe a raggio intermedio schierate in territorio russo a ridosso dell’Europa e in Bielorussia. 4) Togliere le sanzioni alla Russia e riallacciare i rapporti politici, economici e culturali tra Stati Uniti e Russia. 5) Fare in modo che venga convocata, sotto l’egida dell’ONU, una Conferenza Internazionale – con la partecipazione di USA, NATO, UE, Ucraina, Russia e Bielorussia – per una soluzione negoziata del conflitto Russia-Ucraina e l’instaurazione di un sistema di sicurezza in Europa. Diversa è la situazione sull’altro fronte di guerra, quello mediorientale. Trump, come tutti i precedenti presidenti degli Stati Uniti, sostiene Israele.

In base alle preannunciate linee di politica estera, che cosa dovrebbe invece fare l’Amministrazione Trump in Medio Oriente? 1) Fare in modo che venga immediatamente attuato nella regione un cessate-il-fuoco fra tutte le parti in conflitto, che Israele ritiri da Gaza e Cisgiordania le sue forze armate e gli insediamenti di coloni, che i Territori Palestinesi siano governati dagli organismi scelti dai Palestinesi stessi. 2) Fare in modo che venga convocata, sotto l’egida dell’ONU, una Conferenza Internazionale – con la partecipazione di tutti i Paesi della regione a partire da Israele e Iran – per una soluzione negoziata dei conflitti e l’instaurazione di un sistema di sicurezza in Medioriente.

La situazione è resa ancora più complessa dal fatto che Trump è stato votato a grande maggioranza dai 150.000 Americani (ossia Ebrei con doppia cittadinanza statunitense e israeliana) che vivono in Israele (paese con 10 milioni di abitanti,) e che 60.000 di questi sono insediati in Cisgiordania: qui costituiscono il 15% dei coloni che, armati e sostenuti dal governo israeliano, si stanno impadronendo delle terre e altre proprietà palestinesi. Potrà l’Amministrazione Trump, nella sua politica estera, cercare “un terreno comune, non l’ostilità; la partnership, non il conflitto”? Il debito pubblico statunitense supera per la prima volta i 35 mila miliardi di dollari, un livello pari a quello del PIL.

La spesa militare USA, che supera ampiamente i 1.000 miliardi di dollari annui (comprese altre voci oltre il budget del Pentagono), continua crescere. Crescono di conseguenza gli interessi sul debito pubblico pagati ogni anno, che stanno superando il livello della stessa spesa militare. Di questa beneficia largamente Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo che ha largamente finanziato la campagna elettorale di Trump e probabilmente avrà un importante incarico nella sua Amministrazione. La società missilistica di Musk, SpaceX, gestisce il programma di lancio dei razzi della NASA e il Pentagono si affida a lui per portare in orbita la maggior parte dei satelliti militari. La macchina bellica statunitense è in piena azione perché sta aprendo un altro fronte di guerra, quello contro la Cina.

Manlio Dinucci

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About the author:

Manlio Dinucci est géographe et journaliste. Il a une chronique hebdomadaire “L’art de la guerre” au quotidien italien il manifesto. Parmi ses derniers livres: Geocommunity (en trois tomes) Ed. Zanichelli 2013; Geolaboratorio, Ed. Zanichelli 2014;Se dici guerra…, Ed. Kappa Vu 2014.

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