Miliardi di euro per «innovare» la Nato nucleare

L'Arte della guerra.

«La Nato è finita in soffitta», scrivevano un mese fa i commentatori politici di svariate testate giornalistiche, dopo che la Francia aveva ritirato l’ambasciatore da Washington il 16 settembre. Era la protesta di Parigi per essere stata esclusa dal partenariato strategico-militare tra Stati uniti, Gran Bretagna e Australia, annunciato il giorno prima, e aver perso un lucroso contratto per la vendita di sottomarini all’Australia, che saranno sostituiti da sottomarini nucleari forniti da Usa e Gran Bretagna.

Una settimana dopo la clamorosa rottura diplomatica, però, il generale francese Lavigne veniva messo a capo del Comando Alleato della Trasformazione, con quartier generale a Norfolk negli Usa, e i presidenti dei due paesi, Biden e Macron, pubblicavano una Dichiarazione congiunta (qui la versione dell’Eliseo, qui quella della Casa Bianca, ndr).

Biden riaffermava «l’importanza strategica dell’impegno francese ed europeo nell’Indo-Pacifico» (la regione che nella geopolitica di Washington si estende dalla costa occidentale degli Usa a quella dell’India).

Il perché veniva esplicitato dal Comitato militare dei capi della Difesa dei 30 paesi della Nato, riunito ad Atene: «Mentre le azioni aggressive di Mosca minacciano la nostra sicurezza, l’ascesa della Cina sta spostando l’equilibrio di potere, con conseguenze per la nostra sicurezza, la nostra prosperità e il nostro stile di vita».

Di fronte a tali «minacce», concludeva, «abbiamo bisogno che l’Europa e il Nord America siano forti, legati insieme». Come debbano essere legati, lo ribadisce Biden nella dichiarazione congiunta con Macron: «Gli Stati uniti riconoscono l’importanza di una Difesa europea più forte e più capace, che sia complementare alla Nato».

Quindi un’Europa militarmente più forte, ma come complemento della Nato: alleanza asimmetrica, a cui appartengono 21 dei 27 paesi dell’Unione europea, nella quale la carica di Comandante Supremo Alleato in Europa spetta sempre a un generale degli Stati uniti, i quali detengono tutti gli altri comandi chiave in Europa (come il JFC-Naples con quartier generale a Lago Patria).

Su questo sfondo si è tenuta, il 21-22 ottobre al quartier generale della Nato a Bruxelles, la riunione dei 30 ministri della Difesa (per l’Italia Lorenzo Guerini, Pd).

Essa ha creato un «Fondo per l’Innovazione» con un primo stanziamento di 1 miliardo di euro, a carico di 17 paesi europei tra cui l’Italia, ma non degli Stati uniti, per lo sviluppo delle più avanzate tecnologie ad uso bellico.

Ha varato la «Strategia per l’intelligenza artificiale», un ancora più costoso programma perché la Nato mantenga il vantaggio in questo campo che «sta cambiando l’ambiente globale della difesa», ossia il modo di fare la guerra.

Ha deciso «il miglioramento della prontezza e dell’efficacia del nostro deterrente nucleare», ossia lo schieramento in Europa di nuove armi nucleari, naturalmente con la motivazione di difendersi dalla «crescente minaccia missilistica della Russia».

Alla vigilia della riunione Nato, il ministro russo della Difesa, Sergei Shoigu, ha avvertito che «gli Stati uniti, con il pieno sostegno degli Alleati Nato, hanno intensificato il lavoro per modernizzare le armi nucleari tattiche e i loro siti di stoccaggio in Europa» e la Russia considera particolarmente preoccupante il fatto che «piloti di paesi Nato non-nucleari siano impegnati in esercitazioni per l’uso di armi nucleari tattiche». Un messaggio diretto in particolare all’Italia, dove gli Usa si preparano a sostituire le bombe nucleari B61 con le nuove B61-12 e i piloti italiani vengono addestrati al loro uso ora anche con gli F-35. «Consideriamo ciò una diretta violazione del Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari», conclude Shoigu.

Il messaggio è diretto all’Italia e agli altri membri europei della Nato che, pur avendo ratificato il Trattato di non-proliferazione quali paesi non-nucleari, ospitano armi nucleari Usa e si addestrano al loro uso.

Il significato implicito del messaggio è chiaro: la Russia considera questi paesi fonte di minaccia e sta prendendo delle contromisure. Il messaggio è stato come al solito ignorato dal nostro governo e parlamento e, ovviamente, dai media che hanno messo la Nato in soffitta.

Manlio Dinucci

 


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About the author:

Manlio Dinucci est géographe et journaliste. Il a une chronique hebdomadaire “L’art de la guerre” au quotidien italien il manifesto. Parmi ses derniers livres: Geocommunity (en trois tomes) Ed. Zanichelli 2013; Geolaboratorio, Ed. Zanichelli 2014;Se dici guerra…, Ed. Kappa Vu 2014.

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