L’Industria della Guerra Distrugge le Nostre Vite
Grandangolo Pangea
Mentre la crisi dell’auto, aggravata da ulteriori misure protezionistiche statunitensi, mette a rischio in Italia 40mila posti di lavoro, e il debito pubblico italiano sale al 139% del PIL e continua ad aumentare, continua a crescere la spesa militare italiana: essa ammonta nel 2024, secondo i dati ufficiali della NATO, a circa 32 miliardi di euro equivalenti a una media di circa 88 milioni di euro al giorno. L’obiettivo che i governi italiani si sono impegnati a raggiungere e superare entro breve tempo è di 100 milioni di euro al giorno.
Il Segretario generale della NATO, Mark Rutte, chiama gli Alleati europei a “passare a una mentalità da tempo di guerra e a mettere il turbo alla produzione e alla spesa per la Difesa”. Si rivolge quindi direttamente ai cittadini europei con queste parole: “Dite alle vostre banche e ai vostri fondi pensione che è semplicemente inaccettabile che si rifiutino di investire nell’industria della Difesa. Investire nella Difesa è un investimento nella nostra sicurezza. È un obbligo! I Paesi europei spendono facilmente fino a un quarto del loro reddito nazionale per pensioni, sanità e sistemi di sicurezza sociale. Abbiamo bisogno di una piccola frazione di quel denaro per rendere le nostre Difese molto più forti e per preservare il nostro stile di vita. Senza una Difesa forte non c’è sicurezza duratura. E senza sicurezza non c’è libertà per i nostri figli e nipoti. Per proteggere la nostra libertà, la nostra prosperità e il nostro stile di vita, i vostri politici devono ascoltare le vostre voci: dite loro che accettate di fare sacrifici oggi per poter stare al sicuro domani.”
Per convincere i cittadini a fare sacrifici per accrescere la spesa militare, il mainstream politico-mediatico semina il terrore di un imminente attacco russo all’Europa. Emblematico il titolo de La Stampa: “La Svezia in allerta prepara 30mila tombe per i soldati in caso di guerra con la Russia”.
In tale quadro l’Italia ha stipulato con Gran Bretagna e Giappone un accordo – denominato “Programma Aereo di Combattimento Globale” – per la produzione di un caccia di sesta generazione. Entro la metà del 2025 sarà costituita, per la realizzazione del programma, una joint venture tra la BAE Systems (Gran Bretagna), la Leonardo (Italia) e la JAIEC (Giappone), il cui primo CEO sarà un dirigente della Leonardo.
La Leonardo (già Finmeccanica) non è solo una azienda italiana: è un gruppo industriale internazionale, il cui azionariato è composto per il 38% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e per il 57% da investitori istituzionali statunitensi. Realizza ricavi consolidati di oltre 15 miliardi di euro annui. Il Gruppo opera in 150 Paesi – soprattutto Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Polonia – in ambito Aerospazio e Difesa: produce cacciabombardieri a duplice capacità convenzionale e nucleare, droni, elicotteri, sistemi elettronici e spaziali. La Leonardo, che ha acquisito la società israeliana RADA Electronic Industries, è integrata anche nel sistema militare-industriale di Israele, contribuendo a rendere più letali le armi usate nel genocidio dei Palestinesi.
Ancora non si sa quanto costerà all’Italia il Programma Aereo di Combattimento Globale per la produzione del caccia di sesta generazione. Si stima che, solo per lo sviluppo del caccia, la spesa sarà di circa 30 miliardi di euro per ciascuno dei tre partner. Si sa comunque quanto è venuto a costare finora agli Stati Uniti il caccia F-35 di quinta generazione: oltre 400 miliardi di dollari in continuo aumento per l’incessante ammodernamento di questo sistema d’arma a duplice capacità convenzionale e nucleare.
Manlio Dinucci
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