La marcia USA-NATO verso la Guerra e il “Grande Gioco” del 21° secolo

PARTE II: Il “Grande Gioco” e la conquista dell’Eurasia

Caucaso, Balcani, Medio Oriente, Africa Orientale, Asia Centrale

Il testo che segue è la parte II del “Grande Gioco” e la conquista dell’Eurasia. Il primo testo ha fornito una panoramica globale sulla formazione della contro-alleanza agli Stati Uniti e alla NATO. In questa seconda parte, i vari fronti della rivalità globale tra queste due parti sarà esaminata.

Il diversi fronti del “Grande Gioco” del 21° secolo

Il globo è presa da una serie di arene dove la lotta tra gli Stati Uniti e i loro alleati contro la Triplice Intesa dell’Eurasia – Russia, Cina e Iran – e dei loro alleati, sono in corso. Le lotte in questi fronti variano per forma e dimensione, ma sono tutte legate tra loro e finalizzate contro l’incorporazione in un organismo centrale controllato dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Questi i fronti sono il Caucaso, i Balcani, l’Africa orientale, il Medio Oriente (compreso il Mediterraneo orientale), l’Oceano Indiano, l’Asia Centrale, il Sud Asia o sub-continente indiano, sud-est asiatico, l’Asia orientale, America Latina e Caraibi, e il Circolo Polare Artico.

Europa orientale, il Mar Cinese Meridionale, la Corea, l’Asia centrale e il Medio Oriente sono stati afflitti da innumerevoli operazioni militari e giochi di guerra da tutte le parti. Cina, la Russia e Iran stanno sviluppando nuove armi e tattiche di guerra asimmetrica, compresi grandi progetti spaziali e portaerei. Nell’Iraq occupato, l’Afghanistan presidiato dalla NATO, e la Palestina occupata da Israele, movimenti di resistenza non statali continuano le loro battaglie per la liberazione nazionale, con il sostegno dei governi dell’Eurasia in alcuni casi.

I bombardieri strategici della Russia, hanno ripreso la loro pratica da Guerra Fredda di volare in missioni di lunga distanza sui territori pattugliati dagli Stati Uniti e la NATO. [6] La Russia e la Bielorussia hanno armato i loro comuni sistemi di difesa aerea in Europa orientale, in risposta alla minaccia missilistica degli Stati Uniti e della NATO in Europa. Sia la Bielorussia che la Russia hanno anche svolto dei preparativi, attraverso esercitazioni militari chiamato “Occidente 2009“, per un attacco aereo, navale e terrestre contro di essi da parte della NATO, simulando un’invasione della NATO da Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. [7]

Il Myanmar (Birmania), è un alleato della Cina, sta anche costruendo un porto e infrastrutture navali per consentire di Pechino di garantirsi la sua ancora di salvezza energetica nell’Oceano Indiano, aggirando lo stretto di Malacca e lo Stretto di Taiwan, che sono sorvegliate dalle forze navali degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Per proteggere ulteriormente l’Oceano Indiano, per gli eurasiatici, lo Sri Lanka (Ceylon) è diventato anche un membro associato della SCO, essendo stato un partner dialogante. [8] E’ in questo quadro che la Russia, la Cina, l’Iran hanno sostenuto il governo dello Sri Lanka contro le Tigri di Liberazione del Tamil Eelam (LTTE), o semplicemente le Tigri Tamil, nel corso della guerra civile dello Sri Lanka.

La Corea del Nord è essa stessa un innesco per una possibile guerra con Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Ecuador e Cuba si sono preparati per quello che chiamano guerra di resistenza tramite preparativi economici, politici e armati. Allo stesso modo, la Siria e il Libano, con il sostegno dell’Iran, si sono preparati per un conflitto anticipato con Israele. Il Sudan, ricco di petrolio, si sta anche preparando ad affrontare conflitti interni e la possibilità di un futuro conflitto condotto dagli Stati Uniti, in base al pretesto dell’”intervento umanitario“.

Il Fronte del Caucaso: Tensioni Russo-georgiane e preparativi di guerra

Caucasia o Caucaso è la regione tra il Mar Nero e il Mar Caspio, posto a cavallo tra le montagne del Caucaso. Come i monti Urali, il Caucaso costituisce il confine che divide i continenti definiti politicamente di Europa e Asia. La stessa regione del Caucaso, che può anche essere considerata un prolungamento del Medio Oriente, è divisa in due sub-regioni. Questi due sub-regioni sono il Caucaso settentrionale, che comprende esclusivamente le repubbliche caucasiche della Federazione russa e il Caucaso meridionale, che comprende la Georgia, l’Armenia e la Repubblica di Azerbaigian (Azarbaijan). L’Iran settentrionale e la parte orientale della Turchia, che furono annesse dalla Georgia e dall’Armenia nel quadro del Trattato di Kars del 1921, possono anche essere considerati come facenti parte del Caucaso meridionale e, per estensione, dell’intera regione del Caucaso.

Il Caucaso è stato il teatro di una lotta intensa tra le repubbliche locali, gli attori interni e le forze esterne. Questi conflitti sono i seguenti:

(1) Il conflitto tra la Repubblica di Azerbaigian e lo stato secessionista del Nagorno-Karabakh;

(2) Il conflitto tra Georgia e lo Stato secesionista dell’Ossezia del Sud;

(3) Il conflitto tra Georgia e lo stato secessionista di Abkhazia;

(4) I conflitti tra la Federazione russa e i movimenti separatisti del Caucaso settentrionale, in particolare in Cecenia e nel Daghestan;

(5) Il conflitto tra l’Armenia e la Repubblica di Azerbaigian per il Nagorno-Karabakh;

(6) e il conflitto tra Georgia e Russia per l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia.

Per decenni, tensioni sono esistite in questa regione etnicamente diversificata. Anche se sono stati fatti dai turchi dei passi per la cooperazione strategica con Mosca e Teheran, un asse regionale tra la Russia, l’Armenia e l’Iran nel Caucaso esisteva contro la Georgia, la Repubblica di Azerbaigian e la Turchia. L’obiettivo dell’asse Yerevan-Teheran-Mosca nel Caucaso, è quello di evitare che forze esterne, in particolare gli USA e i loro alleati della NATO, si muovano nel Caucaso e nel bacino del Mar Caspio, ricco di fonti energetiche.

Il conflitto primordiale nella regione fu quello tra la Georgia e la Russia, che sostituì quello tra la Russia e la Cecenia. Questo conflitto ha visto entrambe le parti sostenere i movimenti separatisti e le operazioni segrete dell’un altro o dell’altro. Le tensioni tra Tbilisi e il Cremlino hanno portato a una guerra che, contrariamente alla maggior parte delle guerre precedenti nel Caucaso, fu preoccupante per le potenze esterne. Il conflitto è stato giocato in Ucraina, dove entrambe le parti hanno anche sostenuto frazioni politiche rivali.

Dietro la Georgia si trova il supporto degli USA e della NATO. Questo fa parte di una strategia che ha visto i giocatori locali allearsi con gli interessi geo-strategici degli Stati Uniti in Eurasia. In realtà, tutta la guerra tra Russia e Georgia è stata premeditata, e le due parti si stavano preparando per bene in anticipo. The Times (UK) inavvertitamente riportò ciò il 5 settembre 2008: “Nei mesi precedenti la condannata operazione militare [della Georgia], per prendere il controllo della regione separatista dell’Ossezia del Sud, i caccia russi avevano volato lo spazio aereo georgiano in diverse occasioni.“[9] La violazione dello spazio aereo georgianoda parte russa, fu condotta perché i russi erano consapevoli che una guerra era in arrivo, e le loro le forze stavano conducendo missioni di ricognizione.

Nei mesi precedenti la guerra russo-georgiano in Ossezia del sud, la stampa georgiana parlava continuamente di una prossima guerra. [10] Rezonansi, uno dei giornali più importanti della Georgia, aveva titoli di prima pagina sul pericolo imminente di una guerra: “La guerra in Abkhazia comincia domani?” [11] Nel maggio del 2008, solo un mese prima della guerra russo-georgiana, Mosca, senza dire nulla, aveva schierato 500 truppe russe nella regione meridionale di Tkvarchel, in Abkhazia, nell’ambito del mandato di peacekeeping della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), che ha portato il suo contingente a 2.542 truppe. [12] Prima del dispiegamento di ulteriori truppe russe, il 20 aprile 2008, i russi avevano abbattuto un aereo senza equipaggio (UAV) georgiano che spioava l’Abkhazia. [13]

In una mossa che è stata un passo breve al riconoscimento ufficiale, Mosca ha concluso anche l’accordo per riconoscere l’Abkhazia e un passo verso il rafforzamento del governo abkhazo, iniziando a livello ufficiale le relazioni aperte con esso. [14] Tali mosse russe e georgiane sono state fatte in preparazione della prossima guerra caucasica. Il Cremlino ha anche apertamente accusato la Georgia di mobilitare le truppe per attaccare l’Abkhazia, mentre i georgiani hanno accusato la Russia di pianificazire l’annessione di Abkhazia e Sud Ossezia. [15]

L’8 Maggio 2008 Mikheil Saakashvili, il presidente della Georgia, aveva pubblicamente dichiarato: “Penso che pochi giorni fa eravamo molto vicini [alla guerra], e questa minaccia è ancora reale.” [16] Il 7 maggio 2010, il giorno prima della dichiarazione del Presidente Saakashvili, la Camera dei rappresentanti sttaunitense aveva approvato una risoluzione che condannava la Russia per le sue “pericolose dichiarazioni e azioni provocatorie” in Georgia, e l’Unione europea aveva seguito l’esempio. [17] Il giorno dopo che la Camera dei Rappresentanti aveva approvato la risoluzione contro la Russia, e lo stesso giorno delle dichiarazioni sulla guerra di Saakashvili, il ministro degli Esteri dell’Abkhazia, Sergej Shamba, si fece sentire dicendo che l’Abkhazia voleva un patto militare con Mosca. [18]

L’Istituto per il Reporting della Guerra e della Pace (IWRP) ha chiaramente documentato i preparativi russi per l’imminente guerra con Tbilisi. La relazione dell’IWPR tracciò l’ambiente teso:

La situazione sul terreno, nella zona di conflitto, rimase tesa. Il capo della amministrazione de facto nella regione di Gali, in Abkhazia del sud, Ruslan Kishmaria, aveva detto che Tbilisi aveva ripreso i voli di ricognizione dei velivoli senza pilota sopra l’Abkhazia. Aveva aggiunto che le autorità dell’Abkhazia avevano deciso di non abbatere gli aerei. Gli abkhazi dissero di aver abbattuto diversi droni georgiani in precedenti occasioni, mentre Tbilisi ha negato che la maggior parte dei presunti incidenti avesse avuto luogo. Alla fine di maggio, un rapporto delle Nazioni Unite aveva concluso che un drone era stato abbattuto sopra l’Abkhazia il 20 aprile, colpito da un aereo da caccia russo. [19]

Ciò che rivela la relazione di IWPR sono i passi chiari che la Russia aveva preso per la preparazione di un attacco georgiano. La relazione sottolinea come lo schieramento segreto di missili anticarro russi in Abkhazia:

‘Le forze di sicurezza georgiane hanno avuto di nuovo uno scontro con le forze di pace russe al confine con l’Abkhazia, portando ad un colloquio telefonico teso tra i due presidenti [di Georgia e Russia]. La detenzione di un camion dell’esercito russo da parte della polizia georgiana, sembra essere parte di una guerra di nervi sul territorio conteso dell’Abkhazia. Tbilisi sostiene che i russi sono impegnati ad annettersi l’Abkhazia e insiste che loro forze di pace devono essere sciolte, mentre Mosca dice che le truppe stanno operando nell’ambito di un mandato internazionale e garantiscono la sicurezza vitale all’Abkhazia. I canali televisivi georgiani avevano mostrato immagini della polizia locale fermare un camion che trasportava soldati peacekeeping russi, vicino al villaggio di Rukhi, il 17 giugno. Avevano riferito che si trattava del trasporto illegale di armi attraverso la zona di conflitto, vicino al confine amministrativo con l’Abkhazia. I quattro soldati a bordo del veicolo furono rilasciati dopo dopo sette ore di detenzione. Il 19 giugno, il camion fu restituito, ma i georgiani avevano dichiarato di aver sequestrato 20 missili anti-carro in attesa di un’inchiesta. I georgiani avevano detto che i russi non avevano chiesto il permesso per il trasporto dei missili, come erano tenuti a fare secondo i termini che regolano la presenza delle forze per il mantenimento della pace. Il colonnello Vladimir Rogozin, comandante della zona meridionale dell’operazione di mantenimento della pace – che rientra nel mandato della Comunità degli Stati indipendenti, CSI, ma è interamente presidiata dalle truppe russe – ha detto di non aver semplicemente potuto informare in tempo i georgiani sulla spedizione di armi. “Erano armi normali consentite dal nostro mandato, e non capisco perché i georgiani abbiano arrestato i nostri soldati“, ha detto Rogozin. [20]

L’esercito russo aveva violato il suo mandato di peacekeeping in Georgia. I missili anti-carro erano destinati ad essere utilizzati contro i carri armati georgiani. Il dispiegamento dei missili anti-carro non fu (volutamente) annunciato, come parte dei preparati di guerra di Mosca. In parte, la posizione russa in Abkhazia e Ossezia del Sud era volta ad impedire alla Georgia di aderire alla NATO, perché la NATO non può accettare nuovi membri a meno che tutte le loro dispute interne siano risolte, e i relativi confini fissati. In effetti, il sostegno russo ad Abkhazia e Ossezia del Sud ha protetto la Russia da un’ulteriore invasione della NATO.

La guerra del 2008 è stata descritta come una guerra per procura, in cui la Georgia agiva per conto degli Stati Uniti contro la Russia, secondo Sergey A. Markov, co-presidente del Consiglio nazionale strategico della Russia. In questo contesto, la Russia è stata attaccata dagli Stati Uniti e dalla NATO. I georgiani non potevano sapere del dispiegamento di missili anti-carro russi, essendo privi dei rapporti di intelligence degli Stati Uniti e della NATO. Nel 2008, la NATO aveva anche fatto una mossa che rivelava le sue intenzioni nel Caucaso. Nonostante il fatto che la Georgia non fosse un membro della NATO, la NATO aveva iniziato a integrare rapidamente le difese aeree georgiane con le difese aeree della NATO. [21]

Dopo la guerra del 2008, gli Stati Uniti e Tbilisi rivelarono anche che stavano svolgendo i preparativi per la costruzione di basi militari statunitensi in Georgia. [22] La presenza militare degli Stati Uniti non solo è stata utilizzata per aiutare le forze armate georgiane contro gli interessi russi, ma potrebbe avere inviato un messaggio di minaccia a Mosca, sulla guerra con gli Stati Uniti, se la Russia affrontava la Georgia per l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Le basi USA potrebbero anche essere usate per lanciare attacchi contro la Russia, e l’alleato strategico Iran. È stato rivelato che, durante la guerra russo-georgiana, l’esercito russo aveva attaccato basi georgiane che erano state progettate per future operazioni della NATO e degli Stati Uniti contro l’Iran. [23]

La Georgia è uno dei più veloci stati in via di militarizzazione. Per contrastare la militarizzazione della Georgia e l’agenda della NATO per il Caucaso, il Cremlino ha rinforzato le unità russe nel Caucaso del Nord e ampliato la sua presenza militare in Armenia. Nell’agosto 2010, la Russia e l’Armenia hanno firmato un accordo militare bilaterale che impegna la Russia a proteggere l’Armenia e ad assicurare la sicurezza armena. [24] Il nuovo accordo militare Russo-armeno ha formalmente permesso alla Russia di proiettare la sua potenza militare dall’Armenia verso la Georgia e la Repubblica di Azerbaigian, mentre il vecchio mandato delle truppe russe in Armenia, era quello di fornire la sicurezza alle frontiere armeno-turche e ai confini armeno-iraniani. Queste misure strategiche adottate da Mosca e Yerevan, erano in preparazione per ulteriori crisi nel Caucaso.

Il Fronte dei Balcani: Tradimento contro la Jugoslavia e la Moldavia

I Balcani sono stati galvanizzati da due forze differenti, quelle allineati con l’Heartland d’Eurasia e quelle allineate con la periferia. Questa animosità è simile a quelle che dividono il Libano, i Territori palestinesi, la Georgia, l’America Latina, e l’Ucraina. Il più grande campo di opposizione agli Stati Uniti e alla NATO è in Serbia. Questo campo serbo, insieme ai suoi alleati in Bosnia-Erzegovina e Montenegro, vuole che entri nell’orbita della Russia e degli eurasiatici o che cooperi con essi. L’avversario e fazione politica dominante, vuole che Serbia e Balcani entrino nell’orbita degli Stati Uniti, dell’UE e della NATO. Il Partito radicale serbo è nato, in origine, come membro del primo gruppo, mentre Boris Tadic e il suo Partito Democratico rappresentano l’ultimo gruppo in Serbia e nei Balcani.

I Balcani sono un hub per le operazioni militari in Europa orientale e in Medio Oriente. La posizione della ex Jugoslavia era molto importante in questo contesto. La Repubblica socialista federativa di Jugoslavia è stato un giocatore geo-politico indipendente. Come nel ruolo attuale dell’Iran in Medio Oriente, la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia avrebbe potuto impedir agli Stati Uniti e alla NATO di consolidare il loro controllo dei Balcani, sarebbe stata una battuta d’arresto importante per l’attuazione della tabella di marcia degli Stati Uniti e della NATO, per il controllo dell’Eurasia. Questo è il perché gli Stati Uniti e i loro alleati dell’Europa occidentale hanno fatto deflagrare le tensioni etniche, in particolare tra i serbi e croati, in Jugoslavia.

La Jugoslavia è caduta, ma nei Balcani vi è ancora una partita geo-strategica in corso. Questo “gioco degli scacchi” è giocata sulla sorte della provincia serba del Kosovo, che è un auto-dichiarata repubblica sostenuta dall’Unione europea e dagli USA, e sulla sorte della Repubblica Serba stessa, nel suo complesso. Il popolo della Serbia non ha dimenticato i bombardamenti della NATO del suo paese, mentre la maggior parte della corrotta élite politica di Belgrado ha collaborato con gli Stati Uniti e la NATO.

La cosiddetta Rivoluzione Twitter in Moldavia, è stata anch’essa un ampliamento di questa lotta nei Balcani ed è legata alle vicende della ex Jugoslavia e alla questione del Kosovo. La Moldavia potrebbe essere utilizzata dalla Russia per rafforzare la sua posizione, e per estensione, la posizione eurasiatica, in Serbia e in Europa orientale. La Serbia sta flirtando con l’Unione europea e gli Stati Uniti da un lato e la Russia dall’altro. Entrambe le parti vogliono portare la Serbia nel loro orbita.

La Serbia è una nazione senza sbocco sul mare, non ha accesso diretto al mare aperto. Serbia, tuttavia, si è garantita l’accesso al Mar Nero attraverso il Danubio. Il fiume Danubio è in realtà un corpo fluviale internazionale d’acqua che grandi navi mercantili possono navigare. Per diritto internazionale, le navi serbe possono navigare liberamente il Danubio. Belgrado potrebbe sempre rivolgersi al Danubio, se la Serbia dovesse essere posto sotto embargo attraverso la negazione dell’uso dei terreni o dello spazio aereo da parte dei suoi vicini agli ordini degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Se le leggi internazionali fossero state seguite, il Danubio avrebbe dato ai serbi una vitale forma di accesso al Mar Nero e alla Russia. Per evitare ciò, tutti gli stati che il fiume Danubio attraversa, devono essere controllati.

Le altre nazioni che il Danubio attraversa e che non rientrano nell’orbita della UE e gli USA sono la Moldavia, che di per sé è senza sbocco sul mare nello stesso senso della Serbia, e l’Ucraina. Ucraina è un caso in questione, ma il controllo sia della Moldavia che dell’Ucraina potrebbe effettivamente tagliare gli aiuti russi alla Serbia che attraverserebbero il Mar Nero e il Danubio, in futuro, se alla Russia venisse negato l’utilizzo dello spazio aereo intorno alla Serbia. E’ in questo contesto e nell’ambito dell’integrazione forzata nell’Unione europea, che la neutralità della Moldova è stata ostracizzata dagli USA e dalla NATO, attraverso la Romania.

Eppure, c’è più che lo sforzo per isolare la Serbia. La Provincia Autonoma della Vojvodina, dove la Serbia costeggia il Danubio, si trovano ed hanno sede i porti della Serbia. Circa un terzo della popolazione in Vojvodina non è serba, con gli ungheresi (magiari) sono la più grande di queste minoranze non-serbe. Taciti sforzi per separare la Vojvodina dalla Serbia sono in corso. I Balcani sono un fronte tranquillo per ora, ma il Kosovo e la Vojvodina potrebbero facilmente accenderli.

Il Vicino Oriente: il Blocco della Resistenza contro la Coalizione dei moderati

Il Medio Oriente è il centro energetico dell’economia globale. Insieme con l’Asia centrale, è uno delle due aree strategicamente più importanti sulla mappa del mondo. E’ attraverso il controllo del Medio Oriente che gli Stati Uniti e i loro partner della Nato, sperano di contenere la Cina, l’ancora della contro-alleanza globale agli Stati Uniti e alla NATO.

In termini di potenza regionale, l’Iran è la Jugoslavia del Medio Oriente. Teheran ha lavorato con i suoi alleati regionali per resistere a Stati Uniti, NATO, e al controllo israeliano su tutta la regione. Quindi, gli iraniani e i loro alleati regionali hanno fornito uno strato di isolamento ai russi e ai cinesi, contro l’invasione degli Stati Uniti e della NATO in Eurasia, attraverso la resistenza in Medio Oriente. In altre parole, l’Iran e il Medio Oriente sono pilastri fondamentali della resistenza russa e cinese all’accerchiamento trans-continentale.

William Arkin, uno dei migliori corrispondenti per la sicurezza degli USA, ha dichiarato nel 2007 che la Casa Bianca e il Pentagono avevano avviato il processo di creazione di una alleanza militare simile alla NATO nel Medio Oriente contro l’Iran e la Siria. [25] Secondo Arkin, questa alleanza avrebbe dovuto essere composta dagli stati membri del Consiglio di cooperazione del Golfo o GCC (Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Oman, Qatar ed Emirati Arabi Uniti) e sia dall’Egitto e della Giordania. [26] A seguito dell’abbaglio israeliano in Libano del 2006, gli Stati Uniti e dei suoi principali partner della NATO cominciarono ad inviare, direttamente o indirettamente, massicce forniture di armi ai loro clienti in Medio Oriente: Egitto, Giordania, Israele, i collaboratori palestinesi Mahmoud Abbas nella West Bank e Mohammed Dahlan nella striscia di Gaza, l’Arabia Saudita e i petro-sceiccati arabi.

Le milizie libanesi appartenenti al leader dell’Alleanza del 14 Marzo, in Libano, hanno ricevuto anche le forniture segrete di armi per combattere Hezbollah e l’Opposizione Nazionale Libanese. [27] Nonostante le loro armi e il sostegno degli Stati Uniti, i collaboratori arabi, sia nella Striscia di Gaza che in Libano, hano perso nelle lotte interne che si sono scatenate rispettivamente, nel giugno 2007 e maggio 2008. In Libano questo ha portato alla formazione di un governo di unità nazionale dopo l’accordo di Doha. Ciò ha anche spinto Walid Jumblatt e il Partito socialista progressista a riallinearsi con Hezbollah e a lasciare l’Alleanza del 14 Marzo.

Fu alla fine del 2006, che Mahmoud Abbas, l’Alleanza del 14 Marzo, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Egitto, Giordania, Kuwait cominciarono ad essere chiamati la “Coalizione dei Moderati” dai funzionari USA e britannici. Questi paesi hanno aiutato gli Stati Uniti, la NATO e Israele nelle operazioni di intelligence contro i fratelli arabi, contro la resistenza libanese e contro i palestinesi.

Il regime di Mohammed Hosni (Hosni) Mubarak, al Cairo, ha contribuito a imporre l’assedio israeliano contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Il Cairo ha anche accusato in diversi casi i palestinesi, Hezbollah, i membri della resistenza irachena, Siria e Iran. Mubarak ha cercato di giustificare il lavoro contro i palestinesi a Gaza, demonizzare Hamas come un cliente iraniano e come una minaccia per l’Egitto. Si parlò anche di una qualche forma di intervento militare egiziano e giordano in Libano, dopo che il Tribunale speciale per il Libano lanciò le sue conclusioni circa l’assassinio di Hariri.

Durante l’assedio israeliano di Gaza, nel 2008, il segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva fatto un appello diretto al popolo egiziano, chiedendogli di esigere che il suo governo aprisse le frontiere per aiutare il popolo palestinese. La richiesta di Nasrallah, che fece un punto nel dire che non chiedeva un colpo di stato al Cairo, fu raggiunta dalla rabbia da funzionari egiziani, che avevano tentato ogni mezzo per giustificre pubblicamente le azioni di Israele contro i palestinesi. Ahmed Abul Gheit, il ministro degli Esteri dell’Egitto, rispose dicendo ai giornalisti in Turchia, che Nasrallah aveva voluto il caos in Egitto come in Libano, e che l’esercito egiziano poteva essere usato contro Nasrallah e persone come lui.

Mustafa Al-Faqi, il capo della commissione relazioni esteri del parlamento egiziano, avrebbe detto che il Cairo non accetterà un emirato islamico al suo confine. [28] Questo linguaggio è parte della campagna per dipingere Hamas come un’organizzazione di tipo talib, quando la leadership del Cario e del mondo arabo sa perfettamente che Hamas non è per niente come il governo talib dell’Afghanistan pre-invasione. Nel 2010, un alto ufficiale dei servizi segreti egiziani fu catturato per spionaggio e di raccolta d’informazioni, nella Striscia di Gaza, da parte del governo palestinese guidato da Hamas. [29] Il regime in Egitto aveva anche permesso ai sottomarini di Israele, di costruzione tedesca e armati con missili da crociera nucleari, di attraversare il Canale di Suez diretti verso le acque iraniane del Golfo Persico, nel tentativo di minacciare militarmente Teheran attraverso un dispiegamento permanente. [30]

L’estensione dei legami egiziani con Tel Aviv è meglio descritta da una notizia citata da Amos Gilad, un ufficiale militare israeliano:

‘I rapporti tra Egitto e Israele sono “una pietra miliare nella sicurezza nazionale di Israele”, ha dichiarato Amos Gilad, capo della Difesa [sic.] l’ufficio della sicurezza diplomatica del Ministero, durante una cerimonia per i 30 anni dell’accordo di pace Israele-Egitto di Giovedi. “Abbiamo un dialogo molto profondo con loro. E’ importante per Israele sapere come preservare queste relazioni e approfondirle,” aveva detto, pur menzionando “l’atteggiamento tollerante dell’Egitto durante la recente [2008] offensiva militare [di Israele] su Gaza.” [31]

Anche l’Arabia Saudita è stata molto attivamente coinvolta nell’assistenza a Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele nelle loro operazioni in Medio Oriente. Le megavendite di armi che gli Stati Uniti hanno fatto in Arabia Saudita, senza obiezioni da Tel Aviv e dalla sua lobby, sono dirette contro l’Iran, la Siria e le rivolte e i movimenti democratici nella penisola arabica, come gli Houthis nello Yemen. L’accordo per la vendita di armi ai sauditi, che gli Stati Uniti hanno fatto, sono una parte vitale dei loro obiettivi strategici per il controllo delle risorse energetiche del Medio Oriente. [32]

I media sauditi sputano sempre odio settario e propaganda contro le forze che resistono a Stati Uniti, Israele, NATO e ai loro clienti e alleati in Medio Oriente e del mondo arabo. Questo ha raggiunto un punto in cui la maggior parte degli adulti razionali non prendono sul serio i media sauditi, come Asharq Al-Awsat e il suo caporedattore. Per esempio Asharq Al-Awsat ha sistematicamente e falsamente accusato Hezbollah di aver torturato i musulmani sunniti in Libano e di occupare Beirut, e ha costantemente preso di mira, ad ogni occasione, l’Iran, sostenendo che gli iraniani sono un pericolo imminente per il mondo arabo, mentre sminuisce le azioni di Stati Uniti e Israele contro i paesi arabi.

Al contrario, la Coalizione dei moderati viene comunemente descritta e pensata niente più che come un pugno di collaborazionisti o traditori arabi. I suoi leader, dagli Emirati all’Egitto, dicono una cosa in pubblico e decidono qualcosa di completamente diverso a porte chiuse. La Coalizione dei moderati è una frase a effetto progettata da chi ha coniato l’espressione “Mezzaluna sciita” e “Triangolo sunnita” per demonizzare le forze della resistenza in Medio Oriente. [33] Questi termini servono alla guerra, alla balcanizzazione e all’agenda di finlandizzazione del Medio Oriente.

Sull’altro lato del baratro stanno l’Iran e tutte le forze che si oppongono all’intervento straniero in Medio Oriente, queste forze sono state chiamate “radicali” dalla Casa Bianca. In realtà, l’Iran e queste forze indigeni e indipendenti formano il “Blocco della Resistenza” in Medio Oriente. Il Blocco della Resistenza non è una formale alleanza, né è organizzata come un vero blocco, ma i suoi membri condividono un interesse comune contro il controllo straniero delle loro società. I membri del Blocco della Resistenza sono i seguenti:

(1) Il democraticamente eletto governo palestinese guidato da Hamas nella Striscia di Gaza e tutti i gruppi palestinesi, compresa Hamas, Fronte di lotta popolare palestinese, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale, la Jihad islamica palestinese, i marxisti Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che si oppongono a Israele, agli Stati Uniti e a Mahmoud Abbas;

(2) Libano, più o meno come uno stato, così come Hezbollah, il Movimento Patriottico Libero, il movimento Amal, il movimento El Marada, il Partito Comunista Libanese, il Partito Democratico libanese, il Fronte islamico libanese, la Federazione Rivoluzionaria Armena (Tashnaq), il Partito nazionalista sociale siriano del Libano e i loro alleati politici in Libano;

(3) La moltitudine di diversi e combattivi gruppi politici iracheno che formano la Resistenza Irachena;

(4) Sudan;

(5) Siria;

(6) I gruppi di ribelli in Yemen, che sono musulmani sciiti nel nord e ovest, e comprende musulmani sunniti nel sud e ad est;

(7) e l’Iran.

Qatar e Oman sono in stretto coordinamento con il Blocco della Resistenza. L’Oman è anche considerato un alleato iraniano a Teheran. Sia i leader del Qatar e dell’Oman utilizzano una flessibile politica estera e si rendono conto che sarebbe contro i loro interessi nazionali limitarsi a una qualsiasi alleanza regionale contro l’Iran e il Blocco della Resistenza o, per lo stesso motivo, anche contro gli Stati Uniti e i loro clienti regionali. Questo è il motivo per cui il Qatar e l’Oman sono utilizzati come intermediari tra l’Iran e il Blocco della Resistenza, da un lato, e gli Stati Uniti e la coalizione moderata, sull’altro opposto.
Nel 2009 e 2010, la posizione della Turchia non è chiara. Ankara ha iniziato a criticare pubblicamente il suo alleato Israele e sta cominciando ad essere considerata da Iran e Siria come membro del Blocco della resistenza. La Turchia ha, inoltre, concluso accordi con Siria, Iran, Libano e Russia che sembrano i semi per la creazione di un mercato comune e blocco politico in Medio Oriente, che rispecchierebbe l’Unione europea.

L’influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente, si dice, sia alla fine. Sembra che molti alleati e clienti degli USA, in Medio Oriente, siano anche alla ricerca di un mutamento di campo per proteggere i loro interessi. Questo potrebbe essere il caso dell’Alleanza del 14 Marzo in Libano e di Ankara.

In Medio Oriente, in prima linea per l’Eurasia ci sono i territori palestinesi,il Libano, l’Iraq occupato e lo Yemen. Lo Yemen, situato sulla punta più meridionale della penisola arabica, è l’ultima di queste prime linee in Medio Oriente e ed è situato in un punto geo-strategicamente importante sulla mappa. Il corridoio marittimo che scorre davanti lo Yemen è il più importante a livello internazionale, in termini dimensione del traffico. Il Mar Rosso collega l’Oceano Indiano attraverso la Porta delle Lacrime (Bab al-Mandeb), che passa attraverso il Golfo di Aden.

Il pericolo dell’accensione di una guerra mondiale catastrofica dal Medio Oriente, esiste. Il fronte in Medio Oriente è centrale per la strategia statunitense in Eurasia. Dal 2001, questo fronte ha oscillato tra guerre fredde e calde, che sono ora volte a contenere l’Iran e i suoi alleati. La regione è sia una polveriera che un vulcano geo-politico.

  

Il Fronte dell’Asia centrale: una guerra per il controllo dell’Heartland dell’Eurasia

L’Asia centrale è il cuore dell’Eurasia ed è al centro della Heartland eurasiatico. La spinta degli Stati Uniti e della NATO in Eurasia è finalizzata al controllo di questa regione nella sua interezza. La regione è uno dei principali hub geo-strategica che convenientemente confina con Iran, Cina, Russia, Mar Caspio e il sub-continente indiano. Da un punto di vista militare e spaziale, l’Asia Centrale è un luogo ideale per creare un cuneo tra le grandi potenze eurasiatiche e per stabilire una presenza militare per le future operazioni in Eurasia.

L’Asia centrale, come la maggior parte della zona chiamata “Balcani eurasiatici” (le altre parti sono la Georgia, l’Armenia, la Repubblica di Azerbaigian, le repubbliche caucasiche del Distretto Federale del Sud e il Distretto Federale del Caucaso settentrionale della Federazione Russa, l’Iran e la Turchia, in misura limitata), possono anche essere utilizzate per destabilizzare le aree ai margini e l’Eurasia. L’occupazione NATO dell’Afghanistan è legata a questo obiettivo. Atollah Loudin, un funzionario afgano che è il presidente della Commissione Giustizia e Giudiziaria in Afghanistan, avrebbe detto che gli Stati Uniti stanno usando l’Afghanistan come base militare e di intelligence per infiltrarsi e perseguire i loro obiettivi strategici in Pakistan, Asia centrale, Russia, Iran e Cina. [34]

L’Asia centrale ha anche vaste riserve di petrolio, gas naturale e risorse minerarie. Le risorse energetiche della regione rivaleggiano con quelle del Medio Oriente. Nelle parole di Zbigniew Brzezinski: “Come sovramercato su tutto questo, l’Asia Centrale adesso testimonia un molto complicato gioco tra gli stati regionali e la Russia, gli Stati Uniti (in particolare dopo l’11 settembre 2001) e la Cina.” [35] L’invasione del 2001 dell’Afghanistan controllato dai talibani, è stata avviata con l’obiettivo di stabilire un punto d’appoggio in Asia centrale e una base di operazioni per isolare l’Iran, dividere gli eurasiatici uno dall’altro, per impedire la costruzione di gasdotti in corso attraverso l’Iran, per allontanare i paesi dell’Asia centrale da Mosca, per prendere il controllo del flusso di energia dell’Asia Centrale e per soffocare strategicamente i cinesi.

Ma soprattutto, il controllo dell’Asia centrale sconvolgerebbe la “Nuova Via della Seta” in corso di formazione dall’Est asiatico al Medio Oriente ed Europa dell’Est. E’ questa “nuova via della seta” che fa della Cina la prossima superpotenza globale. Così, la strategia degli Stati Uniti in Asia centrale è destinata a impedire, in definitiva, l’emergere della Cina come superpotenza globale, impedendo ai cinesi di avere l’accesso alle risorse energetiche vitali di cui hanno bisogno. La rivalità tra Stati Uniti e Unione europea con la Russia, per le vie di transito dell’energia, devono essere giudicato assieme al tentativo d’impedire la costruzione di un corridoio energetico trans-eurasiatico che congiunga la Cina al Mar Caspio e al Golfo Persico.

L’Asia Centrale è stato il teatro di guerre e di rivoluzioni colorata. Una guerra ancora attiva infuria in Afghanistan, che si è diffusa in Pakistan. L’instabilità in Kirghizistan potrebbe estendersi fino a diventare una guerra civile. Un futuro conflitto contro l’Iran, la Siria e il Libano rischia di travolgere anche l’Asia centrale.

I Fronti dell’Asia del Sud e dell’Oceano Indiano: Pakistan, India, Sri Lanka, e le onde

L’Asia del Sud o sub-continente indiano, è composta da Pakistan, India, Bangladesh, Nepal, Bhutan e dagli stati isolani di Sri Lanka e Maldive. L’Afghanistan è a volte considerato una parte dell’Asia meridionale. Come in Asia centrale, la parte settentrionale del Sud Asia, che è il Pakistan e gli stati del nord della Repubblica dell’India, serve come terra di transito tra il Medio Oriente e l’Asia orientale. Questa zona del nord è anche a cavallo dell’Asia centrale. La parte meridionale del Sud Asia è anche situato in posizione centrale, per quanto riguarda l’Oceano Indiano, e la parte meridionale del Sud Asia, che sono la punta meridionale dell’India, Sri Lanka e le Maldive e le coste sull’Oceano Indiano servono come rotta di transito dal Medio Oriente e dall’Africa all’Asia orientale.

In Asia meridionale, gli obiettivi degli Stati Uniti e della NATO sono impedire la creazione di un percorso energetico sicuro verso la Cina e controllare il flusso delle risorse energetiche e dei territori attraverso cui dovrebbero passare. L’India condivide un interesse in questo. La cooperazione indiana con gli Stati Uniti e la NATO, tuttavia, avviene a spese della sicurezza nazionale indiana. L’instabilità in Kashmir ne è un esempio.
L’instabilità in Pakistan è un risultato diretto dell’obiettivo di impedire la creazione di un percorso energetico sicuro della Cina. Gli Stati Uniti e la NATO non vogliono una forte, stabile e indipendente Pakistan. Preferirebbero vedere un Pakistan diviso e debole che possa essere facilmente controllato e che non prenda ordini da Pechino o si allei al campo eurasiatico. L’instabilità in Pakistan e gli attentati terroristici contro l’Iran, che sono originate dal confine con il Pakistan, hanno lo scopo di impedire la creazione di un percorso energetico sicuro per la Cina.

Inoltre, la NATO e gli obiettivi degli Stati Uniti in Asia meridionale vedono anche l’India come un contrappeso della Cina. Questa è la stessa strategia che la Gran Bretagna ha applicato sul continente europeo tra le varie potenze europee, e la stessa strategia usata dagli Stati Uniti in Medio Oriente, riguardo l’Iran e l’Iraq durante la guerra degli anni ’80. In questo contesto, dopo il vertice del 2010 a Lisbona, la NATO ha chiesto un dialogo sulla sicurezza e militare con New Delhi. [36]

La rivalità tra gli Stati Uniti, la Cina e l’India ha avuto un’incidenza diretta sulla militarizzazione dell’Oceano Indiano. Una corsa agli armamenti navali è stato avviata sull’Oceano Indiano. ia l’India che la Cina fanno a gara per procurarsi e costruire più porti navali possibili, mentre espandono le loro flotte.

Le rotte marittime che passano nelle acque territoriali dello Sri Lanka sono vitali per la sicurezza energetica cinese. Questo contesto geo-politico, ha anche avuto un impatto diretto sulla natura della guerra civile dello Sri Lanka. Nel 2009, i cinesi ed i loro alleati sostennero il governo dello Sri Lanka, nella speranza di vedere un ambiente politico stabile nello stato isolano, in modo da assicurare la presenza navale cinese e la cooperazione dello Sri Lanka. Dopo la fine della guerra civile nello Sri Lanka, Colombo si è iscritto alka SCO come “interlocutore“, come la Bielorussia.

La militarizzazione dell ‘Oceano Indiano non si è fermata ed è ancora in corso. Le tensioni interne in Pakistan e India, le tensioni regionali in Asia meridionale tra i suoi Stati, e le tensioni tra New Delhi e Pechino, sono tutte minacce alla coesione e alla sicurezza eurasiatica.

Il Fronte dell’Africa orientale: Somalia, Etiopia e Sudan

In Africa orientale, la strategia degli Stati Uniti e della NATO è quello di bloccare l’accesso della Cina alle risorse energetiche regionali, e di impostare un punto per il controllo dei traffici internazionali. Come l’Asia centrale, le mire statunitensiin Africa Orientale, così come per l’intero continente africano, sono di ostacolare alla Cina lo status di superpotenza. Il controllo militare sull’Africa orientale e le sue acque geostrategicamente importanti, s’è intensificato dagli anni ’90. Una grande armada navale della NATO naviga permanente tra le onde al largo del Corno d’Africa e al largo delle coste dell’Africa orientale, pronta a sigillare i mari. Il coinvolgimento delle forze armate Usa in Yemen è direttamente legato alla geostrategia statunitense in Africa orientale, e i piani per il controllo delle vie navigabili marittime, così come l’energia dell’Africa orientale e il movimento del traffico internazionale. Il problema della pirateria al largo delle coste della Somalia, e la demonizzazione del Sudan, sono conseguenze di questi obiettivi strategici.

Guardando alla Somalia, le condizioni che hanno portato al problema della pirateria, sono state nutrite per dare agli Stati Uniti e alla NATO un pretesto per militarizzare le vie navigabili strategiche della regione. Gli Stati Uniti e la NATO non hanno voluto nulla, tranne che la stabilità nel Corno d’Africa. Nel dicembre 2006, l’esercito etiope invase la Somalia e rovesciò il governo della Somalia dell’Unione delle Corti Islamiche (ICU). L’invasione etiope della Somalia, ha avuto luogo in un momento in cui il governo ICU stava stabilizzando relativamente la Somalia ed era vicino a portare uno stato di pace e ordine duraturi all’intero paese africano.

L’US Central Command (CENTCOM) aveva coordinato nel 2006 l’invasione della Somalia. L’invasione etiope fu sincronizzata con i militari USA, e vide l’intervento congiunto delle forze armate degli Stati Uniti a fianco degli etiopi, attraverso le Forze Speciali e gli attacchi aerei degli Stati Uniti. [37] Il generale John Abizaid, comandante del CENTCOM, andò in Etiopia e tenne un incontro di profilo basso con il Primo Ministro Meles Zenawi, il 4 dicembre 2006, per pianificare l’attacco alla Somalia. Circa tre settimane dopo, gli Stati Uniti e l’Etiopia attaccarono e invasero la Somalia. [38]

Il governo somalo dell’ICU fu sconfitto e rimosso dal potere, e al suo posto si pose il governo di transizione somalo (STG), un governo impopolare asservito ai diktat di Stati Uniti e UE fu portato al potere con l’intervento militare degli Stati Uniti e dell’Etiopia. La legge Marshall fu imposta anche in Somalia dai militari etiopi. A livello internazionale, il governo ICU fu demonizzato e l’invasione fu giustificata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Etiopia, NATO e governo di transizione somalo, come parte della “Guerra globale al terrore” e della guerra contro i simpatizzanti e gli alleati di Al-Qaida.

Il governo di transizione somalo e i suoi dirigenti furono immediatamente accusati di collaborazionismo in Somalia e di essere clienti degli Stati Uniti e delle altre potenze straniere, da parte dei parlamentari e dei cittadini somali. [39] Il presidente del Parlamento transitorio somalo, Sharif Hassan Sheikh Adan, accusò l’Etiopia di aver deliberatamente sabotato “qualsiasi possibilità di pace in Somalia.” [40] Al presidente somalo e agli altri parlamentari somali che si erano rifugiati in Kenya, fu immediatamente ordinato di lasciare il Kenya, da parte del governo keniota per contrastare l’invasione etiope del suo paese. [41] La loro l’espulsione fu effettuata su ordine del governo degli Stati Uniti.

Il grado di influenza degli Stati Uniti in Etiopia e Kenya e il ruolo degli Usa nel dirigere l’invasione della Somalia, può essere compreso anche dalla testimonianza di Saifa Benaouda:

‘Al confine con il Kenya fu arrestata dai soldati, tra cui tre statunitensi, che avevano le bandiera statunitense cucita sulle loro divise, ha detto. Fu poi, a sua volta, imprigionata in Kenya, segretamente deportata a Mogadiscio, poi maltrattato in Etiopia, dove le sue impronte digitali e il suo DNA furono presi da un uomo che aveva detto di essere statunitense. Fu interrogata da un gruppo di uomini e donne, che capì dal loro accento, di essere statunitensi ed europei, ha detto. [42]

L’Etiopia aveva deliberatamente sabotato le trattative di pace nella vicina Somalia, su ordine degli statunitensi. Il paese è ora diviso e nel nord, Puntland e Somaliland sono stati praticamente indipendenti. Invece della stabilità e della pace, che il governo ICU stava portando, bande di pirati, milizie, e un gruppo chiamato Harakat Al-Shabaab al-Mujaheddin, o semplicemente di Al-Shabaab, sono stati autorizzati a prendere il controllo della Somalia. Al-Shabaab è l’equivalente dei taliban dell’Afghanistan pre-2001.’ [43]

L’instabilità causata da Etiopia e Stati Uniti ha contribuito a giustificare la militarizzazione dell’Africa orientale da parte delle forze militari degli USA e della NATO. Le marine russa, cinese e iraniana hanno schierato le loro navi da guerra nella regione per le missioni anti-pirateria e di sicurezza marittima.[44] Questi dispositivi navali, però, sono anche delle contro-mosse strategicamente simmetriche alla presenza navale degli Stati Uniti e della NATO accumulo nelle acque dell’Africa orientale, dal Mar Rosso al Golfo di Aden.

Il petrolio sudanese sbarca in Cina e le relazioni commerciali di Khartoum sono legate a Pechino. Questo è il motivo per cui Russia e Cina si oppongono a statunitensi, britannici, francesi e agli sforzi per internazionalizzare i problemi interni del Sudan presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Inoltre, è dovuto ai legami affaristici del Sudan con la Cina, che i leader sudanesi sono stati presi di mira dagli Stati Uniti e dall’Unione europea come violatori dei diritti umani, mentre il crimini contro i diritti umani compiuti dai dittatori loro clienti e alleati, vengono ignorati.

Sebbene la Repubblica del Sudan non è tradizionalmente considerata parte del Medio Oriente, Khartoum si è impegnato come membro del Blocco della Resistenza. Iran, Siria e Sudan hanno rafforzato i loro legami e la cooperazione dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003. La guerra israeliana contro il Libano e il dispiegamento successivo delle forze militari internazionali, prevalentemente dei paesi della NATO, sul suolo e acque libanesi, non è passata inosservata neanche in Sudan. È in tale contesto di resistenza che il Sudan sta anche approfondendo i suoi legami militari con Teheran e Damasco.

I leader sudanesi hanno giurato di resistere all’ingresso della NATO o di qualunque forza internazionale nel loro paese. Il Sudan ha chiarito che vedrà queste forze come invasori che vogliono saccheggiare le risorse nazionali del Sudan. Il Secondo vice-presidente del Sudan Ali Osman Taha, ha promesso che il governo sudanese avrebbe mantenuto la sua opposizione a qualsiasi intervento straniero, con la scusa delle forze di pace per il Darfur (Darfur), e ha salutato Hezbollah come un modello di resistenza per il Sudan. [45] In segno di solidarietà con la resistenza del Sudan, il dottor Ali Larijani per conto dell’Iran, ha anche guidato una delegazione parlamentare internazionale a Khartoum, nel marzo 2009, quando un mandato d’arresto, motivato politicamente, è stato emesso dalla Corte penale internazionale (CPI) per conto di Omar Hassan Ahmed Al-Basher, il presidente sudanese.

Khartoum è stato oggetto di intense pressioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Mentre c’è una crisi umanitaria nel Darfur, le cause del conflitto sono state manipolate e distorte. Le cause sono strettamente collegati a interessi economici e strategici, e non alla pulizia etnica. Sia gli USA che i loro partner europei, sono gli sponsor principali dietro i combattimenti e l’instabilità nel Darfur e nel Sudan meridionale. Gli Stati Uniti, l’Unione europea e Israele hanno assistito al finanziamento, alla formazione e all’armamento delle milizie e delle forze di opposizione al governo sudanese, in queste regioni. Essi caricano la colpa interamente sulle spalle di Khartoum per qualsiasi violenza, mentre essi stessi alimentano il conflitto, al fine di entrare e di controllare le risorse energetiche del Sudan.

Tel Aviv ha condannato gli interventi militari in Sudan, per aver operato da nesso di transazione tra Hamas e Iran, passando in Sudan ed Egitto, ma le attività israeliane sono solo limitate all’invio di armi ai gruppi di opposizione e ai movimenti separatisti in Sudan.

Armi israeliane sono entrate in Sudan dall’Etiopia per anni, fino a quando l’Eritrea è diventata indipendente dall’Etiopia, che ha fatto perdere all’Etiopia il suo accesso al Mar Rosso, e sviluppato le cattive relazioni tra etiopi ed eritrei. Da allora le armi israeliane sono entrate in Sud Sudan dal Kenya. Il Sudan People’s Liberation Movement (SPLM) nel Sud Sudan ha anche aiutato le milizie in Darfur. L’Uganda People’s Defence Force (UPDF), clienti degli USA, hanno anch’esse inviato armi alle milizie in Darfur e all’SPLM.

Il grado di influenza di Israele sui gruppi di opposizione sudanesi è significativo. Sudan Tribune ha riferito, il 5 marzo 2008, che i gruppi separatisti in Darfur e Sud Sudan hanno uffici in Israele:

‘I sostenitori di Israele [del Movimento di liberazione del Popolo del Sudan] hanno annunciato la creazione di una sede, in Israele, del Movimento di Liberazione Popolo del Sudan, ha detto oggi un comunicato stampa.

“Dopo consultazioni con i leader dell’SPLM a Juba, i sostenitori israeliani dell’SPLM hanno deciso di istituire l’ufficio dell’SPLM d’Israele“. Detto [sic.] un comunicato ricevuto via e-mail da Tel Aviv, firmato dalla segreteria SLMP in Israele.

La dichiarazione diceva che l’ufficio avrebbe promosso le politiche e la visione dell’SPLM nella regione. Ha inoltre aggiunto che, in conformità con l’Accordo di pace, l’SPLM ha il diritto di aprire uffici in qualsiasi paese, compreso Israele. Ha inoltre segnalato che ci sono circa 400 sostenitori dell’SPLM in Israele. In Darfur, il leader dei ribelli Abdel Wahid al-Nur ha detto, la scorsa settimana, di aver aperto un ufficio a Tel Aviv.’ [46]

Vi è un accordo di condivisione del potere tra Omar Al-Basher e l’SPLM, che ha una forte presa sul Sud Sudan. Il leader del SPLM, Salva Kiir Mayardit, è il primo vicepresidente del Sudan e il Presidente del Sud Sudan. L’SPLM ha forti legami con Israele e suoi membri e sostenitori visitano regolarmente Israele e altri nemici del Sudan. È grazie a questo che Khartoum ha tolto le restrizioni ai passaporti sudanesi per le visita in Israele, alla fine del 2009, per soddisfare il SPLM. [47] Salva Kiir Mayardit ha anche detto che il Sud Sudan riconoscerà Israele quando si separerà dal Sudan.

Gli eventi in Sudan e in Somalia sono legati alla sete e la rivalità internazionali per il petrolio e l’energia, ma sono anche parte dell’allineamento della scacchiera geo-strategica, che ruota attorno al controllo dell’Eurasia. La militarizzazione dell’Africa Orientale fa parte dei preparativi per un confronto con la Cina e i suoi alleati. L’Africa orientale è un fronte importante che si riscalderà nei prossimi anni.

  

Il Fronte dell’Asia Orientale: La guerra occulta contro la Cina

In questo secolo, tutte le strade portano all’est asiatico e alla Cina. E sarà sempre più così, man mano che questo secolo avanza. In Asia orientale è stata intrapresa una guerra occulta contro i cinesi. Se il mondo fosse una scacchiera e i rivali e gli avversari degli USA e della NATO sono i pezzi degli scacchi, la Cina sarebbe il re, mentre la Russia sarebbe la regina. Gli Stati Uniti e la NATO marciano per portare alla fine la guerra nell’est asiatico e ai confini cinesi. Agli occhi degli USA, nelle parole di Brzezinski, “la Cina è un lavoro infinito.” [48]

In Asia orientale, gli Stati Uniti e i loor alleati sostengono la repubblica separatista di Taiwan, ufficialmente Repubblica di Cina, e la usano come base strategica contro la Cina continentale. Taiwan amministra anche alcune delle piccole isole nel Mar Cinese Meridionale, che insieme a Taiwan, o Formosa, si affacciano sulle rotte strategiche della Cina. Un progetto dello scudo antimissile, simile a quella in Europa, diretto contro la Russia e i suoi alleati del CSTO, è anche previsto da anni in Asia orientale, e comprende l’utilizzo di Taiwan.

Gli Stati Uniti e i loro alleati sono interessati anche alla Corea del Nord e al Myanmar come mezzo per circondare la Cina. La Corea del Nord, nel nord-est Asia, e Myanmar, a sud-est asiatico, sono stretti alleati cinesi. Il pretesto di una minaccia dalla Corea del Nord è stato usato per giustificare la costruzione degli elementi del progetto di scudo missilistico nel nord-est asiatico. Di particolare importanza, nel Sudest asiatico, sono i porti e le strutture militari che il Myanmar sta costruendo per dare ai cinesi una rotta energetica di gran lunga più sicura di quella dell’Oceano Indiano, aggirando Malacca e Taiwan.

Ci sono anche in corso operazioni interne contro Pechino. Nel Turkestan cinese, dove si trova la regione autonoma di Xinjiang, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sostenuto il separatismo uiguro, basato sul nazionalismo uiguro, sul panturchismo e l’Islam, per indebolire la Cina. In Tibet, gli obiettivi sono gli stessi che in Xinjiang, ma lì gli Stati Uniti e i loro alleati sono stati coinvolti in operazioni di intelligence molto più intensa.

Separare Xinjiang e Tibet dalla Cina, ostacolerebbe pesantemente la sua ascesa come superpotenza. La separazione di Xinijang e Tibet sottrerrebbe le ampie risorse di questi territori alla Cina e all’economia cinese. Negherebbe anche l’accesso diretto della Cina alle Repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale. Questo potrebbe effettivamente distruggere le vie terrerstri in Eurasia e complicherebbe la creazione di un corridoio energetico verso la Cina.

Qualsiasi governo futuro in uno Xinjiang o un Tibet indipendenti, potrebbe agire come l’Ucraina sotto gli arancioni, interrompendo le forniture di gas russo verso l’Unione europea per le differenze politiche e i dazi di transito. Pechino come consumatore di energia, può essere tenuto in ostaggio, come i paesi europei lo sono stati nel corso delle dispute ucraino-russe sul gas. Questo è precisamente uno degli obiettivi degli Stati Uniti, allo scopo di arrestare la crescita cinese.

 

I Fronti dell’America Latina e dei Caraibi: gli USA contro il blocco bolivariano

La lotta in America Latina va dal Sudamerica ai Caraibi e all’America Centrale o Mesoamerica. E’ una lotta tra i paesi locali o regionali, alleati sotto l’Alternativa Bolivariana per le Americhe o ALBA (Alternativa Bolivariana para las Américas). ALBA spinge a una autodeterminazione politica ed economica in una zona che i leader degli Stati Uniti vedono come proprio “cortile” dal 1823, con la Dottrina Monroe. Nella loro lotta per l’indipendenza, questi Paesi regionali, in America Latina e nei Caraibi, si sono alleati con gli eurasiatici contro gli USA e i loro alleati.

Con l’elezione di Hugo Chavez nel 1998 e l’inizio della sua presidenza, nel 1999, il Venezuela è diventato la forza che ha piantato i semi del blocco bolivariano, che prende il nome da Simón José Bolívar, l’uomo che ha portato Venezuela, Bolivia, Perù, Colombia, Ecuador e Panama all’indipendenza nella lotta contro la Spagna. Il governo bolivariano di Caracas è andato in aiuto di Cuba e a porre fine ai tentativi statunitensi di isolare L’Avana, dichiarando apertamente la solidarietà con Cuba e l’espansione dei legami. Gli accordi bilaterali firmati da Cuba e Venezuela formano il nucleo del Blocco Bolivariano e il modello della versione allargato dell’alleanza, come ALBA.

Nel 2006, l’alleanza tra L’Avana e Caracas ha cominciato a cooptare nuovi membri. Nel 2006, Evo Morales divenne il nuovo presidente della Bolivia e la Bolivia divenne alleata di Venezuela e Cuba. Nel 2007, un anno dopo, Rafael Correa divenne il presidente dell’Ecuador e Daniel Ortega, il leader sandinista, era diventato il presidente del Nicaragua. Sia l’Ecuador che il Nicaragua hanno immediatamente aderito all’alleanza tra Bolivia, Cuba e Venezuela. Nel 2008, l’Honduras, sotto il presidente Manuel Zelaya, eletto nel 2006, doveva anch’esso entrare nell’ALBA. In tutti questi paesi i leader bolivariani hanno lavorato sulle riforme economiche e costituzionali per rimuovere le oligarchie locali, alleate con gli interessi statunitensi in America Latina.

Per ridurre la loro dipendenza dagli Stati Uniti, il Blocco bolivariano ha introdotto anche un proprio quadro regionale unitario di compensazione monetaria, chiamato SUCRE (Sistema Único de compensación regionale). [49] L’attuazione del SUCRE segue la stessa procedura dell’euro, utilizzato inizialmente in modo virtuale per il commercio e, infine, come valuta forte. Ciò fa parte di un movimento congiunto di presa di distanza dal dollaro USA da parte dei bolivariani e degli eurasiatici.

La Casa Bianca, il Pentagono, il Dipartimento di Stato, e il Congresso degli Stati Uniti hanno violentemente attaccato il Blocco Bolivariano e i suoi leader, con un linguaggio che dimostra che i cosiddetti valori democratico statunitensi sono dei pretesti falsi per l’invasione e l’aggressione internazionale. Questa retorica statunitense è anche in sintonia con il programma degli Stati Uniti per cambiamenti di regime e operazioni segrete in America Latina. Nel corso di tutti questi eventi, le ambasciate e i diplomatici degli Stati Uniti in questi paesi latino-americani, sarebbero implicati nel sostegno alle violenze contro i governi bolivariani.

Nel 2002, gli Stati Uniti hanno sostenuto un fallito colpo di stato contro Chavez, da parte di elementi delle forze armate venezuelane. In Bolivia, dal 2006, i dirigenti dei dipartimenti orientali, ricchi di energia, di Santa Cruz, Beni, Pando, Tarija hanno iniziato a spingere per l’autonomia, con l’aiuto dei finanziamenti degli Stati Uniti, presso l’Ufficio Iniziative di Transizione dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID). Nel 2008, la guerra civile è iniziata quando i capi dei dipartimenti orientali hanno cominciato a sequestrare edifici governativi locali, impianti energetici e infrastrutture, nel quadro di un tentativo per separarsi dalla Bolivia. I tentativi, supportati dagli statunitensi, che non sono riusciti a dividere la Bolivia, facevano parte del tentativo del governo degli Stati Uniti di mantenere il controllo sul gas naturale boliviano.

In Honduras, l’anello più debole del blocco bolivariano, un colpo di stato militare, appoggiato dagli Stati Uniti, sotto la cortina di una crisi costituzionale, depose Manuel Zelaya nel 2008. La protesta e il clamore contro il golpe militare in Honduras, fu così forte che il governo statunitense dovette agire pubblicamente come se si fosse opposto al colpo di stato, di concezione yankee, in Honduras. Una riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sotto la presidenza di Padre Miguel d’Escoto Brockmann, prete cristiano della Chiesa cattolica romana, condannò il golpe in Honduras. Nel 2010, anche in Ecuador, gli Stati Uniti hanno sostenuto un tentato colpo di stato, da parte di unità di polizia, contro Rafael Correa e il suo governo.

Gli Stati Uniti stanno militarizzando i Caraibi e l’America Latina per riguadagnare il controllo delle Americhe. Il Pentagono sta armando e approfondisce i suoi legami militari con la Columbia, per contrastare il Venezuela e i suoi alleati. Il 30 ottobre 2009 i governi colombiano e statunitense firmarono anche un accordo che consentirà agli USA di usare le basi militari colombiane.

Haiti, occupata dagli statunitensi, serve anche al più vasto programma emisferico degli USA di sfida al blocco bolivariano, utilizzando la parte occidentale dell’isola di Hispaniola. Haiti si trova a sud di Cuba. Geograficamente è situato nella posizione migliore per un assalto simultaneo a Cuba, Venezuela e stati del Centro America, come il Nicaragua. Il catastrofico terremoto del 2010, e l’instabilità che gli Stati Uniti hanno creato in Haiti, attraverso invasioni multiple, rendono molto meno evidente il progetto di sovvertire i Caraibi e l’America Latina. Guardando la cartina e la militarizzazione di Haiti, è inequivocabile che gli Stati Uniti prevedano di utilizzare Haiti, Colombia e Curaçao, come un hub per le operazioni militari e di intelligence. Haiti potrebbe anche rivelarsi una base preziosa, nello scenario di un conflitto più ampio, condotto dagli Stati Uniti e dai loro alleati contro Caracas e i suoi alleati regionali.

E’ chiaro che Stati Uniti stanno perdendo la loro presa in America. Non solo il Governo degli Stati Uniti vuole impedire tutto questo, ma vuole anche far sì che non perda le riserve energetiche di paesi come Venezuela, Ecuador e Bolivia, a vantaggio dei cinesi affamati di energia. Con una leale concorrenza globale, non c’è modo che gli Stati Uniti siano in grado di corrispondere ciò che Pechino è disposta ad offrire alle nazioni dell’America Latina e dei Caraibi, nelle loro esportazioni di energia e risorse. In definitiva, gli Stati Uniti stanno ancora pensando di ricorrere all’aggressione, al fine di controllare l’America Latina e i Caraibi. Questo è il motivo per cui i bolivariani si sono alleati con Russia, Iran, Cina e la loro intesa eurasiatica.

Il Fronte dell’Artico: il controllo delle future riserve di energia

Tese rivalità che coinvolgono Stati Uniti, Canada, Danimarca, Norvegia e Federazione Russa, sono emerse per le vaste risorse nel Circolo Polare Artico del Polo Nord. Tranne la Russia, tutte le nazioni coinvolte sono membri della NATO. La Russia ha il più grande reclamo sulla zona, a causa della propria estensione territoriale nella regione.

Sotto lo sfondo di questa rivalità per le risorse naturali, il Circolo Polare Artico viene militarizzato dalla NATO e dalla Russia. In termini orwelliani, i paesi della NATO affermano che stanno lavorando per la pace e la stabilità con mezzi militari, e al miglioramento della loro capacità di combattimento, in una zona del globo che non ha bisogno di una presenza militare di grandi dimensioni. Logicamente questo non è altro che un doppio linguaggio. Perché la necessità di una migliore prontezza e capacità al combattimento nell’Artico? In questo contesto, Stati Uniti, Canada, Danimarca e Norvegia hanno lavorato insieme contro la Federazione russa.

Il Canada e gli Stati Uniti hanno anche razionalizzato le loro politiche artiche, poiché il Canada è il più forte sfidante, in termini di dimensione territoriale, della Russia. Gli Stati Uniti stanno lavorando attraverso il Canada per sfruttare le risorse energetiche della regione artica. Sia Ottawa che Mosca hanno sostenuto che la Cresta Lomonosov è un prolungamento della loro piattaforma continentale.

Il primo ministro Stephen Harper e il governo canadese hanno chiesto che i confini della regione subacquea, siano definiti diplomaticamente e hanno messo in guardia Mosca di essere moderata per quanto riguarda le pretese sull’Artico Russo: “Il Canada manterrà il controllo delle nostre terre e acque artiche, e risponderà quando altri prenderanno azioni che riguardano i nostri interessi nazionali.”[50] Le tre priorità artiche di Ottawa sono:

(1) Delimitazione dell’Artico;
(2) Ricevere il riconoscimento internazionale del controllo canadese sul Lomonosov Ridge, come un’estensione della piattaforma continentale che si estende dal territorio canadese;
(3) Un regime di sicurezza dell’Artico, con la piattaforma della governance e delle misure d’emergenza nell’Artico. [51]

L’ordine del giorno della NATO, nella regione artica, inizia già nel 2006, quando la Norvegia ha invitato tutta la NATO ed i suoi collaboratori alle esercitazioni ‘Cold Response’. Anche il Canada ha costantemente tenuto nell’Artico esercitazioni, per dimostrare la sua sovranità nella regione artica, ma a partire dal 2010, soldati statunitensi e danesi sono stati coinvolti nell’Operation Nanook 10. [52] Questo è un segno della cooperazione NATO contro la Russia. Secondo un comunicato militare canadese le esercitazioni militari sono destinate “a rafforzare la preparazione, l’interoperabilità e aumentare la capacità di una risposta collettiva alle sfide emergenti nella regione artica.”[53] A parte la richiesta russa sulla Cresta Lomonosov, non c’è altra situazione che potrebbe essere vista come una sfida emergente che giustifica una reazione militare collettiva da parte del Canada, degli Stati Uniti e della Danimarca.

La battaglia per l’Artico è ben avviata. In virtù del suo territorio, la Russia avanza la rivendicazione territoriale più grande. Tuttavia, Stati Uniti, Canada e Danimarca si rifiutano di riconoscerlo. Una crisi tra NATO e Russia, che sarà sostenuta dalla Cina, per le domande in merito alle risorse dell’Artico, emergeranno in futuro.

Parte III del presente testo

La finale e terza parte di questo testo discuterà del rischio di una nuova guerra mondiale.

Mahdi Darius Nazemroaya è ricercatore associato presso il Centro di Ricerca sulla Globalizzazione (CRG).
Originale:
The US-NATO March to War and the 21st Century “Great Game”
Traduzione di Alessandro Lattanzio.

NOTE

[6] Anne Penketh, “Russian bombers play war games with US,” The Independent (UK), August 10, 2007.
[7] Lucian Kim, “Russian Paratroopers Stage War Games Simulating NATO Attack”, Bloomberg , September 27, 2009; Yuras Karmanau, “Russia, Belarus hold joint military exercise”, Associated Press(AP), September 29, 2009.
[8] D. Muralidhar Reddy, “SCO dialogue status for Sri Lanka,” The Hindu, June 18, 2009 .
[9] Michael Evans, “Georgia linked to Nato early warning system,” The Times (UK), September 5, 2008.
[10] Dmitry Avaliani, “Georgia: Fears of War with Russia.” Institute for War and Peace Reporting (IWPR), May 16, 2008.
[11] Ibid.
[12] Ibid.; Inal Khasing, “Abkhazia Cleaves Closer to Russia,” Institute for War and Peace Reporting (IWPR), Caucasus Reporting Service (CRS) Issue 443, May 8, 2008.
[13] Avaliani, “Georgia: Fears of War,” Op. cit.
[14] Ibid.
[15] Ibid.
[16] Ibid.
[17] Ibid.
[18] Khasing, “Abkhazia,” Op. cit .; The article also clarified that Izvestia, the Russian newspaper, had misquoted Sergei Shamba over asking Moscow for a Russian military administration to be established in Abkhazia.
[19] “Georgia, Russia in New Abkhazia Standoff,” Institute for War and Peace Reporting (IWPR), July 2, 2010.
[20] Ibid.
[21] Michael Evans, “Georgia linked to Nato early warning system,” The Times (UK), September 5, 2008
[22] “USA to Deploy Army Bases in Georgia To Rearm Nation’s Army,” Pravda , September 24, 2009.
[23] Arnaud de Borchgrave, “Commentary: Israel of the Caucasus,” United Press International (UPI), September 2, 2008.
[24] Mariam Harutunian, “Russia extends military presence in Armenia,” Agence France-Presse (AFP), August 20, 2010.
[25] William M. Arkin, “A New Mideast Military Alliance?” The Washington Post , July 31, 2007; William M. Arkin, “Middle East Alliance 2.0.,” The Washington Post , August 1, 2007
[26] Ibid.
[27] Mahdi Darius Nazemroaya, “Pro-US Lebanese Government getting ready to use force to stay in power,” Centre for Research on Globalization (CRG), December 7, 2006.
[28] Zvi Bar’el, “Looking out for number one,” Haaretz , December 21, 2008.
[29] Hisham Abu Taha, “Hamas security forces arrest high-ranking Egyptian officer,” Arab News, May 25, 2010.
[30] Uzi Mahnaimi, “Israel stations nuclear missile subs off Iran,” The Sunday Times , May 30, 2010.
[31] Yael Levy, “Amos Gilad: Egypt our ally against Iran, Hamas,” Yedioth Ahronoth , March 26, 2009.
[32] Anthony H. Cordesman, The Saudi Arms Sale: Reinforcing a Strategic Partnership in the Gulf (Washington, DC: Center for Strategic and International Studies Press, November 3, 2010): http://csis.org/files/publication/101103_SaudiArmssale.pdf.
[33] Mahdi Darius Nazemroaya, “America’s ‘Divide and Rule’ Strategies in the Middle East,” Centre for Research on Globalization (CRG), January 17, 2008.
[34] “MP: US Base in Afghanistan Established to Collect Intelligence on Iran,” Fars News Agency (FNA), November 4, 2009.
[35] Zbigniew Brzezinski, Forward to China’s New Journey to the West: China’s Emergence in Central Asia and Implications for US Interests, Bates Gill and Matthew Oresman (Washington, DC: Center for Strategic and International Studies Press, August 2003), pv
[36] Pallavi Aiyar, “Nato asks for dialogue with India”, Business Standard, November 24, 2010.
[37] Suzanne Goldenberg and Xan Rice, “How the US forged an alliance with Ethiopia over invasion,” The Guardian (UK), January 13, 2007.
[38] Ibid.
[39] “Ethiopia destroyed Somalia Peace Talks: Speaker,” Garowe News, January 13, 2007.
[40] Ibid.
[41] Ibid.
[42] Raymond Bonner, “Lark to Africa descends into Somali nightmare,” The New York Times, April 15, 2007.
[43] La ragione per cui questi gruppi Somali siano collegati ai Taliban pre-2001, è perchè molti dei gruppi nell’Afghanistan post-invasione non sono uguali ai Taliban o neanche gli sono vicini. Gli obiettivi dei Taliban post-2001 è differente da quelli dei Taliban pre-2001, che furono porttai al potere grazie al supporto USA, Pakistano e Saudita.
[44] Atul Aneja, “Iran, China will begin counter-piracy patrols,” The Hindu, December 22, 2008 ; “Russia, China conduct anti-piracy exercises in the Gulf of Aden,” Russian News and Information Agency (RIA Novosti), September 18, 2009.
[45] Mohammed Ali Saeed, “Sudan VP vows resistance to UN peacekeepers,” Agence France-Presse (AFP), September 1, 2006.
[46] “Sudan’s SPLM reportedly opens an office in Israel – statement,” Sudan Tribune , March 5, 2008: http://www.sudantribune.com/spip.php?page=imprimable&id_article=26251.
[47] “Sudan removes Israel travel ban from new passport,” Sudan Tribune, October 3, 2009: http://www.sudantribune.com/spip.php?iframe&page=imprimable&id_article=32776.
[48] Zbigniew Brzezinski, The Geostrategic Triad: Living with China, Europe, and Russia (Washington, DC: Center for Strategic and International Studies Press, November 3, 2000), p.5.
[49] “ALBA Countries To Establish Common Currency Named Sucre,” Cuban News Agency/ Agencia Cubana de Noticas (ACN), November 29, 2008; Michael Fox, “ALBA Summit Ratifies Regional Currency, Prepares for Trinidad,” Venezuela Analysis, April 17, 2009; Steven Matter, “Venezuela Pays for First ALBA Trade with Ecuador in New Regional Currency,” Venezuela Analysis, July 7, 2010.
[50] Department of Foreign Affairs and International Trade (DFAIT), Statement on Canada’s Arctic Foreign Policy (Ottawa: Government of Canada, 2010), p.2.
[51] Ibid., p.3.
[52] “Minister of National Defence visits Operation Nanook,” Department of National Defence (DND), August 23, 2010: http://www.airforce.forces.gc.ca/v2/nr-sp/index-eng.asp?id=10905.
[53] Ibid.


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About the author:

An award-winning author and geopolitical analyst, Mahdi Darius Nazemroaya is the author of The Globalization of NATO (Clarity Press) and a forthcoming book The War on Libya and the Re-Colonization of Africa. He has also contributed to several other books ranging from cultural critique to international relations. He is a Sociologist and Research Associate at the Centre for Research on Globalization (CRG), a contributor at the Strategic Culture Foundation (SCF), Moscow, and a member of the Scientific Committee of Geopolitica, Italy.

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