La cosiddetta “rivoluzione” siriana: una guerra imperialista contro la Siria
A credere i leader delle potenze imperialiste, che si mostrano ingenui e innocenti, la Siria sarebbe stata negli ultimi mesi, l’arena dove si confrontano, da un lato le “forze del male” incarnate dal regime e dal suo alleato coadiuvanti iraniano, e dall’altro lato le “forze del bene” espresse dall’”anima immortale” del “popolo buono” per natura, purtroppo ridotto dal “tiranno di Damasco” a una semplice folla di schiavi.
Il ritorno del colonialismo
E’ certo che questo approccio superficiale alle violenze in Siria, che divide il mondo, o piuttosto la realtà con le sue molteplici dimensioni, in due forze opposte, quella del Bene (la cosiddetta “opposizione“) e del male (il regime), svolge un ruolo d’argumentum ad captandum vulgus, nella giustificazione delle ambizioni dell’imperialismo britannico e francese in Nord Africa e nel Levante, dove sono stati scacciati all’indomani della seconda guerra mondiale.
Notiamo l’ultima visita di Sarkozy e Cameron, gli appaltatori delle operazioni militari su delega del triumviratus (Sarkozy, Cameron e Obama) in Libia, una visita che ha preparato il tavolo per spezzettare e ritagliarsi il “post-Gheddafi“. A Tripoli, i due cospiratori sono andati a celebrarvi la loro vittoria, incorniciati dai loro gorilla locali del CNT e dai loro ciarlatani propagandisti, con i tamburi, trombe e cembali dei media occidentali “principali” e quelli arabi “subordinati“. [1]
A maggior ragione, era innegabile che le forze imperialiste si stessero preparando a mobilitare le loro artiglieria pesante contro la Siria e il suo regime, una volta che il cosiddetto “re dei re d’Africa“, Gheddafi, fosse detronizzato. Per fare ciò, un secondo triumviratus (Sarkozy, Erdogan e Obama) è nato. E i tre triumviri hanno urlato: “Carthago delenga est! Dobbiamo sbarazzarci del tiranno di Damasco!“.
Il casus belli
Pertanto, la Siria è il bersaglio di una guerra sistematica (mediatica, diplomatica e anche militare) orchestrata secondo lo sviluppo degli eventi sul terreno. L’esempio più significativo di questa feroce campagna è fornito dal ministro degli esteri francese, Alain Juppé, che ha denunciato “i crimini contro l’umanità” in Siria: “Prendiamo atto che il regime siriano è coinvolto in crimini contro l’umanità“, ha detto a Mosca, il 7 settembre. [2]
Inoltre, migliaia di canali TV, radio, giornali, siti web e social network su internet, in qualsiasi parte del mondo, hanno avviato un bombardamento massiccio del regime siriano con aggettivi diabolizzanti, volti a ridurre la sua immagine nella strada araba, e di presentarlo come un semplice fenomeno selvaggio, e certamente spogliato di ogni qualità umana, quindi di ogni diritto di esistere. Ha aggiunto che gli Stati Uniti e l’Unione Europea non smettono di chiedere le dimissioni del presidente siriano Bashar al-Assad: “… è necessario che si dimetta“, ha detto Ashton; “Nell’interesse del popolo siriano, è giunto il momento per il presidente Assad di ritirarsi“, ha detto Obama; “Le gravi violazioni dei diritti umani in Siria contro i manifestanti, potrebbero rivelarsi dei crimini contro l’umanità“, dice il 17 Agosto, un rapporto dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. [3]
La propaganda imperialista
Va notato qui, che in ogni sconvolgimento politico serio, il meccanismo dei media egemonici imperiale vi mette il suo grano di sale. Ed è lo stesso, come con la “Grossa Bugia” di George Bush sulle armi di distruzione di massa in Iraq. La prova è che più di dieci anni dopo l’invasione statunitense dell’Iraq, le successive amministrazioni statunitensi non hanno fornito alcuna prova che questo paese avesse armi di distruzione di massa. Ciò che si può dire, è che le masse sono cadute vittima di un complotto della disinformazione. Va da sé che le recenti violenze, che sconvolgono le strade siriane, non sono esentate dalla stessa macchina della propaganda, delle bugie e di altri manipolazione mediatiche, tutt’altro.
Secondo i media dell’egemonia imperiale, attivisti per la pace e pacifici manifestanti hanno trascorso le giornate, per così dire, in meditazione trascendentale, e durante la notte, si sarebbero riuniti in luoghi pubblici, per accendere delle candele alle anime immortali dei “martiri della libertà“, mentre il “mostro di Damasco si vantava nel suo harem“. Tuttavia, lontano dalla caricatura ingenua che le macchine dell’egemonia mediatica creano, una questione s’impone: Chi sono questi “militanti della libertà“; Agni Dei lodati tre volte al giorno: all’alba, a mezzogiorno e prima di coricarsi? Che cosa succede allora?
Uno dei problemi per rivelare il paradosso siriano, è che vi è davvero una richiesta reale cambiamento interno. Nessuno nega questa realtà, né il regime siriano lo nega. Il ministro degli esteri siriano Walid al-Moualem, ha denunciato il 26 settembre l’ingerenza straniera nella gestione delle legittime aspirazioni del popolo siriano alla riforma politica, economica e sociale, in un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York: “Le esigenze del popolo sono usate come trampolino di lancio dai gruppi armati, per seminare discordia e indebolire la nostra sicurezza. La Siria ha esercitato la sua responsabilità a proteggere i suoi cittadini. Il governo ha agito per assicurare la loro sicurezza e la stabilità del paese“, ha dichiarato Moualem in riferimento a ciò che chiama interferenza straniera. [4]
Inoltre, la stragrande maggioranza dei siriani vuole le riforme. Il popolo siriano è indignato, da decenni, dalla corruzione e dai tentacoli pervasivi delle autorità di sicurezza.
La ribellione islamista armata
Tuttavia, questa diffusa domanda di una riforma è, come indicato dalla macchina imperialista dei media, fonte di violenze in Siria? Se è vero che ci sono manifestazioni in alcune città, ci sono morti, l’esercito è intervenuto, è anche vero che la Siria è diventata un campo di battaglia tra le forze armate siriane da un lato, e gli insorti sunniti armati, dall’altra parte, come i Fratelli musulmani, al-Qaida e altri gruppi salafiti e wahabiti.
Ciò che i media agli ordini non dicono è che ci sia una ribellione armata sostenuta dall’estero, e che la Siria sta affrontando un Casus belli dichiarato dalla NATO e dagli emirati arabi e sultanati ‘subordinati’. Qui vale la pena ricordare che Dmitrij Rogozin, delegato della Federazione Russa presso la NATO, ha commentato il 5 agosto, sul quotidiano moscovita Izvestia, il crescente ruolo della NATO nelle violenza in Siria: “La NATO sta pianificando una campagna militare contro la Siria per rovesciare il regime del presidente Bashar al-Assad, con l’obiettivo a lungo termine di preparare una testa di ponte nella regione, per l’attacco contro l’Iran“. [5]
Inoltre, in un’intervista con la TV Euronews, Dimitrij Medvedev, il presidente russo, avverte dei pericoli reali che l’approccio “bianco e nero” potrebbe creare nella situazione in Siria: “i manifestanti anti-governativi in Siria non sono sostenitori di alcun raffinato modello di democrazia europea“. [6]
Per molti aspetti, gli eventi in Siria ricordano qui, una citazione di Lenin nel suo famoso Un passo avanti, due passi indietro, che trattava dei movimenti rivoluzionari in Russia: “… quando una lunga lotta, testarda e ardente continua, accade di solito un momento in cui i punti di contestazioni, centrali ed essenziali, iniziano a comparire, la cui soluzione determinerà l’esito finale della campagna, presso cui i più minimi ed insignificanti episodi della lotta, saranno sempre più allontanati sullo sfondo.” [7]
Senza alcun dubbio possibile, i conflitti sociali e politici nel Levante, diventano rapidamente conflitti religiosi e confessionali, e le rivendicazioni sociali sono ridotte, purtroppo, ad omicidi tribali. Questa amara realtà ci offre, almeno, una migliore lettura della cosiddetta “rivoluzione” siriana, una lettura che scaccia le fanfaronate dei furiosi della “primavera araba“, abbreviata, a tutta velocità, in un “inverno americano” assai funebre!
Prima di tutto, è fondamentale notare che il Levante è uno spazio eterogeneo attraversato da confini etnici, minoranze linguistiche e religiose diverse da quelle imposte dall’accordo Sykes-Picot (1916), all’indomani dello smembramento dell’Impero ottomano nel 1918. Inoltre, dovrebbe anche essere notato che queste frontiere si trasformerebbero rapidamente in zone di conflitto sanguinose, una volta che un governo centrale, in grado di mantenere la pace, fosse rovesciato. Si consideri l’esempio dell’Iraq dopo l’invasione degli Stati Uniti.
Gli eventi in Siria nascondono, infatti, delle motivazioni religiose, piuttosto che sociali, prendendo in considerazione lo storico conflitto tra Islam ortodosso (sunnita) ed eterodossia dell’Islam (sciismo). In una testimonianza sulla violenze religiose in Siria, Hala Jaber ha avanzato la presenza di estremisti armati (e con la barba), agenti provocatori che stanno lavorando con grande capacità sufficiente a far degenerare le manifestazioni inizialmente pacifiche. Ha dato un resoconto dettagliato degli incidenti gravi che si sono verificati il 18 giugno a Ma’rrat al-Nu’man, una città del nord-ovest, “vediamo che i jihadisti hanno un regno del terrore, e hanno versato il sangue – quando l’esercito ha un profilo basso per evitare incidenti. La storia del rapimento di un oppositore moderato, Mohamed Salida Hamadah e delle torture e delle minacce subite da estremisti sunniti, è agghiacciante, e suggerisce quale potrebbe essere il clima della Siria se cadesse nelle loro mani!“[8]
E’ vero che ua volta scoppiate le violenze in Siria, le proteste presero, in termini di slogan usati (libertà, giustizia, democrazia, rivendicazioni sociali, ecc.) una forma pacifica; e le richieste dei manifestanti erano ancora limitate alle richieste sociali. Tuttavia, queste proteste si sono trasformate, velocemente, in atti di violenza settaria mirati contro le minoranze religiose del Paese, come i musulmani eterodossi e i cristiani.
La cospirazione imperialista
Inoltre, gli slogan politici precipitano nella congestione dell’odio religioso. Anche se il regime politico in Siria è “contaminato” da decenni da una burocrazia corrotta e contagiosa, questo non giustifica gli atti di barbarie commessi da fanatici religiosi contro le minoranze e le istituzioni dello stato.
In questo senso, è pericoloso dimenticare che dietro le affermazioni di una parte del popolo siriano, legittime all’inizio, nascondono, infatti, l’interesse, per così dire, di veri complottisti: il bonapartismo caricaturale francese di Sarkozy, in primo luogo, la carcassa dell’imperialismo statunitense di Obama, l’”umanesimo” islamista del turco Erdogan e il wahhabismo “illuminato” saudita.
Da quanto è stato detto e in tali circostanze, è chiaro fin dall’inizio che la presunta “rivoluzione” è un complotto guidato da l’alfa e omega dei centri di potere imperialista, il cui obiettivo a breve termine è il rovesciamento del regime del presidente Bashar al-Assad, e a lungo termine, la rioccupazione del Medio Oriente e la ricostruzione della sua mappa geopolitica, un obiettivo che promette, disastrosamente, un futuro catastrofico per la regione.
A mò di conclusione, troviamo opportuno raccontare una piccola storia: “Non molto tempo fa, un uomo buono immaginava che se gli uomini annegavano, ciò accadeva solo perché erano posseduti dall’idea della gravità. Che si togliessero questa rappresentazione dalla testa, ed ecco che ora sono al sicuro dal rischio dell’annegamento.” Questo brav’uomo, è dello stesso tipo degli spacconi vanagloriosi della macchina mediatica imperialista e dei suoi subordinati arabi, che credono, purtroppo, che i problemi del mondo arabo, come lo sviluppo sociale ed economico, l’analfabetismo, i diritti umani, le libertà, la democrazia, l’occupazione, il settarismo, i diritti delle minoranze, i diritti delle donne, ecc. saranno risolti una volta che il regime siriano sarà rovesciato.
Fida Dakroub – Dottore Ricercatore francese
Note
[1] A nostro avviso, un media subordinato è un mezzo della disinformazione posto sotto il controllo di un altro media della disinformazione principale. Il soggetto non è in grado di fornire un messaggio coerente al di fuori da questa dipendenza. Per esempio: i media dei petrodollari arabi entrano in rapporto di subordinazione con i più importanti media occidentali.
[2] L’Eexpress.fr
[3] Chitour, Chems Eddine Le Grand Soir
[4] People Daily
[5] Le Post.fr
[6] Russia Today
[7] Marxists
[8] Michel Collon
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora